Eins Zwei Drei: il ritorno di Martin Zimmermann al NTFI

Eins zwei drei

Foto di Augustin Rebetez

Martin Zimmerman ritorna al Napoli Teatro Festival Italia con Eins Zwei Drei, spettacolo da lui diretto, andato in scena al Teatro Mercadante il 15 ed il 16 giugno 2019. Dopo le esperienze del  2010 con Öper Öpis e del 2015 con Hallo, la dodicesima edizione del festival vede il debutto in prima nazionale del suo ultimo lavoro.

Eins Zwei Drei ancora una volta pone al centro dello spettacolo il clown quale entità reale e complessa, in grado di coprire uno spettro molto ampio sfaccettature. Il corpo è al servizio della scena: è talvolta rigido talvolta fluttuante, è raffinato ed è grottesco. Questi corpi animati di magia conducono gli spettatori in visita al  museo all’interno del quale si sviluppa un microcosmo di relazioni che portano in scena una buona dose di sentimenti umani. Infatti come leggiamo dalle note di regia “A mio avviso i visitatori di un museo sono esattamente come le opere che si vengono ad ammirare. Nel mio lavoro, i corpi hanno una qualità materiale e gli oggetti una dimensione umana“.

Ecco che nel giro di qualche minuto si realizza questo forte legame tra pubblico e scena: introdotti alla visione da una presentazione iniziale, principalmente in inglese ma con una chiosa finale sulla città di Napoli, gli spettatori assistono divertiti allo svolgersi degli eventi. Si lasciano guidare dalle rocambolesche avventure, tra mimo ed acrobazia,  affidandosi quasi totalmente ai tre bravissimi performer in scena Tarek Halaby, Dimitri Jourde e Romeu Runa che sulle musiche di Colin Vallon veicolano il mondo attraverso immagini che sono parte di quella dimensione umana a cui ambisce il regista.

Per quasi due ore di spettacolo i tre riescono tenere la scena senza cadere nell’ordinario. I loro corpi sono quasi malleabili, si modificano con e attraverso la scena: riescono ad entrare in una teca di plexiglass ed a rimanerci come fosse il posto più comodo del mondo. Riescono ad entrare ed uscire dalla scenografia dominante, usando porte, finestre e pareti in un susseguirsi caleidoscopico. E così sul filo del nonsense si susseguono in scena le piccole e grandi tragedie quotidiane.

Lo spettacolo nel tratto finale abbandona il filone comico aprendo uno spiraglio ad una riflessione su tematiche molto attuali: la scena viene invasa da detriti e rovine mentre un mostro rosso con lunghi tentacoli comincia a gonfiarsi. In questo caos dilagante uno degli attori con cellulare alla mano fotografa quanto presente intorno. Nelle note di regia si legge “In questo spettacolo — spiega il regista — affronto, attraverso tre personaggi, temi forti come l’autorità, la sottomissione e la libertà, sia dell’infanzia che della follia. Inserisco questo trio e le sue tensioni all’interno di un mondo asettico, sottomesso a strette convenzioni e precisi codici sociali“. Viene rilevato, senza meno, questo collegamento a temi importanti ma solo come fanalino di coda di durata effimera. Infatti, di lì a pochi minuti la situazione cambia trasformandosi in una standing ovation di pubblico e scena che canta e balla sulle note di Proud Mary.

 

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