Il crogiuolo: il dramma di Arthur Miller riletto da Dini

«Col tempo, Il crogiuolo divenne il mio dramma più rappresentato, sia in America che all’estero, ed è venuto ad assumere significati diversi a seconda dei luoghi e dei momenti. Quando questo mio lavoro ha improvvisamente successo in una certa nazione, posso quasi dedurne la situazione politica: o esiste una minaccia di dittatura o una dittatura è appena finita», dichiara Arthur Miller, e a leggerlo le domande da porsi sono tante, si affastellano nella testa, frenetiche, senza respiro, e di certo il dramma non dà risposte, anzi.

Siamo perduti, si dice a un certo punto nella rappresentazione, e paradossalmente la perdizione deriva dai fini più alti e buoni, dal tentativo di tener lontano il Diavolo dalla comunità, una crociata che parte da ragazzine che si stanno appena appena affacciando sul mondo: da dove viene la loro irrequietezza, il loro disagio, la loro ansia, il loro soffrire? E’ solo vita, questo, o meglio, adolescenza, l’età da sempre più incomprensibile. Una ragazzina soffre per amore ma nessuno la capisce, la sua vendetta sarà atroce e per di più legittimata, da Stato e Chiesa, portando al processo centinaia di persone con la successiva condanna di decine di queste. A voler essere sintetici e precisi questo è il succo della storia, ma c’è di più.

C’è da dire infatti che Arthur Miller scrive il dramma in pieno maccartismo, proprio quando infuriava la cosiddetta “caccia alle streghe rosse”, questo perché deluso dalla delazione e tradimento dell’amico fraterno Elia Kazan decise di criticare aspramente ciò che stava accadendo nell’America degli anni ‘50 dove si doveva dimostrare di essere anticomunisti per non essere condannati socialmente, attraverso la metafora di ciò che era realmente accaduto nel diciassettesimo secolo nella piccola cittadina di Salem dove appunto si doveva dimostrare di essere devoti a Dio per non essere condannati a morte.

Miller scrive quindi 4 atti, precisi e perfetti nel racconto, atti che Filippo Dini mette logorroicamente ma allo stesso tempo scorrevolmente in scena secondo quattro registri appassionati e feroci: nel primo atto abbiamo una “commedia nera” quasi alla Tim Burton dove le ragazzine ballano insieme ai demoni (della propria psiche in un incredibilmente potente incipit da sabba satanico), il secondo atto ci mostra la crisi di coppia di un uomo piccolo piccolo, il terzo atto è un vero e proprio dramma giudiziario in cui si fa fatica a capire dov’è la colpa, nel quarto atto infine il mondo si è completamente rovesciato e l’apocalisse sta nel fatto che dichiararsi colpevoli equivale a salvarsi. La paura governa tutto, il raziocinio è perduto per sempre, non si distingue più il giusto dallo sbagliato, il complotto offusca tutto.

Lo spettacolo dura quasi 3 ore, ma sono ore che non stancano, si rimane fissi e concentrati sulla vicenda, anche grazie alle attrici e agli attori, tutti bravissimi e in parte, un plauso speciale per le streghe che a un certo punto scendono in sala avvolgendo il pubblico nella folle ala della giovinezza. Bellissimo anche l’uso delle musiche, canzoni suonate dal vivo con chitarra più che mai elettrificata, ma senza disturbare, mai fuori posto e perfettamente calate nel contesto, i testi diventano essi stessi parte della storia (vedi Russians di Sting con un adeguato richiamo alla sempiterna e più che mai attuale contrapposizione USA-RUSSIA, o The End dei Doors perfetta nella sua rassegnata tragedia).

Non lascia speranze questo dramma, si esce dal teatro scossi e pensierosi di fronte a uno dei capitoli più bui della storia americana, l’inno ormai stonato e lacero di hendrixiana memoria e la bandiera prima agognata poi calpestata, indifferenti: l’essere umano è sicuro di essersi lasciato tutte alle spalle? Solo a voler ricordare un agghiacciante episodio accaduto recentemente nel nostro piccolo Belpaese, ovvero quando scattò la caccia ai cosiddetti “diavoli della bassa modenese”, c’è da dubitare, se poi si passa a una visione mondiale dove la caccia a un male assoluto sfuggente e nascosto è sempre aperta, la speranza si fa sempre più incerta, sbriciolandosi disperata.

Photo credits: Luigi De Palma

Lucio Carbonelli

la forza della gentilezza e il potere dell'immaginazione

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