Un tram che si chiama Desiderio. O forse no.

Un tram che si chiama desiderio

Un tram che si chiama Desiderio, per la regia di Cristián Plana, è in scena al Teatro Mercadante di Napoli dal 30 novembre all’11 dicembre 2016. Il dramma in tre atti del drammaturgo statunitense Tennessee Williams, il cui debutto è avvenuto a New York nel 1947 per la regia di Elia Kazan, è considerato la pietra miliare del teatro americano del XX secolo oltre che della sua produzione.

L’accoglienza dell’opera non fu scevra di critiche e creò una reale frattura nel mondo intellettuale e della critica teatrale: per Arthur Miller fu una rivelazione, individuando nell’opera e nella regia un altro mondo teatrale; la scrittrice Mary McCarthy, sulla Partisan Review, affermò che il testo assomigliava a una soap opera mancata sui litigi per monopolizzare il bagno. Un’opera, dunque, che fa discutere sin dalle origini: sesso, omosessualità, disagio mentale per la prima volta vengono manifestati come mai era stato fatto in precedenza.

Ad essere rappresentata è la società americana del dopoguerra. Un’immagine irriverente di un mondo irreale in penombra i cui protagonisti, totalmente devastati dalle loro difficoltà, faticano a trovare la loro completezza e ad emergere dal buio. Blanche, Stanley e Stella sono l’idealtipo inverso del mondo: un reduce di guerra violento e maschilista, una seduttrice assediata da una vita di dolori e libertà sessuali, una moglie innamorata e brutalmente soggiogata dal consorte. Il viaggio che si compie nel desiderio di ciascuno dei personaggio è, senza dubbio, un viaggio che si colloca nella dimensione mentale dove il confine tra vita e morte (dell’anima) è il confine sottile che separa il reale dall’irreale.

Desiderio è il tram che conduce Blanche, in seguito ad un crollo nervoso, da sua sorella Stella che risiede in un appartamento fatiscente e smisuratamente piccolo ai Campi Elisi. Desiderio che si trasforma metaforicamente in incubo/morte  attraverso un altro tram di cui Blanche deve servirsi per giungere all’antro sordido dei Kowalsky: il tram Cimitero. Ancora una volta, nelle indicazioni di Williams, si scorge il filo rosso del dramma: il sogno americano che si disgrega sotto i colpi dell’ordinaria follia disseminando brandelli di umanità ormai sepolti dall’abbrutimento dell’animo.

È l’allegoria amara della vita, un vortice di  sconfitte che pesano come un macigno confondendo la percezione dentro e fuori dal sé. E la follia, la violenza, le menzogne ed una diffusa sensualità diventano il motore dell’incapacità di vivere ampiamente messa in luce da questa battuta di Blanche “Le piacciono i lunghi pomeriggi piovosi di New Orleans, quando un’ora non è un’ora ma un frammento d’eternità caduto nelle nostre mani e non si sa cosa farsene? “.

Plana nell’allestimento in scena allo Stabile di Napoli parte con una dichiarazione d’intenti riportata nel foglio di sala:  leggere il testo originale e “pervertirlo”, senza distruggerlo, per farlo rimbombare ai nostri tempi. Consentire agli spettatori di riconoscere l’opera originale e trovare familiare questa nuova versione, provocando  un’inquietante stranezza e che li faccia sentire dentro un’opera diversa. Ed è proprio questa la sensazione che si ha nell’assistere all’allestimento del regista cileno. La folle passione che anima i testi di Tennessee Williams viene celata da un ritmo lento intervallato, troppo spesso, da impulsi rabbiosi che sembrano fin troppo avulsi da resto della narrazione. I protagonisti in scena si inseriscono all’interno di questo cortocircuito temporale e ne assorbono le fattezze rarefatte: Mascia Musy, attrice talentuosa perfettamente a suo agio in interpretazioni di grande rilievo, veste i panni di una Blanche Dubois a tratti spenta e fin troppo nascosta da se stessa; Massimiliano Gallo, solo qualche settimana fa gradevolissimo nei panni di Liolà di Arturo Cirillo, è Stanley, sicuramente iroso e brutale ma talvolta in maniera eccessiva; Giovanna Di Rauso nei panni di Stella ed Antonello Cossia in quelli di Mitch s’inscrivono in questo tessuto di non semplice comprensione confinato in un limbo che riesce poco ad instaurare un’empatia col pubblico in sala.

Degno di menzione il disegno luci di Cesare Accetta che, riprendendo una celebre battuta dell’eroina tennessiana, riesce rendere accecante una cosa che era sempre stata in penombra.

 

Un tram che si chiama desiderio

di Tennessee Williams

traduzione Masolino d’Amico
regia Cristián Plana
con Mascia Musy, Massimiliano Gallo,
Giovanna Di Rauso, Antonello Cossia,
Mario Autore, Antonio De Rosa, Antonella Romano
scene e costumi Angela Gaviraghi
disegno luci Cesare Accetta

 

 

 

 

 

 

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