Futuro Disorder: una pietra rosa, contro-corrente (Oliveto Citra, luglio 2023)

Oliveto Citra, centro abitato in provincia di Salerno a 300 metri sul livello del mare, poco meno di 4000 abitanti, poco più di 30km quadrati. Alle sorgenti del fiume Sele, nella vallata dove gli schiavi combatterono il potere romano: è qui che ha luogo l’undicesima edizione del festival Disorder, luglio 2023, un festival che fin da subito si caratterizza per una cura non solo nella programmazione musicale, ma anche per tutto il resto: cibo, mercatino, birre, grafica, panorama. Per tutto questo va ringraziato macrostudio.

Oliveto Citra (SA), foto di Guglielmo Verrienti.

Questo pare che sia un anno rosa, il marketing così ha deciso, il Disorder si adegua ma a suo modo, con stile: ecco che quindi il magenta – così direbbe un amico grafico – la fa da padrone anche qui, colore su fondo nero, contro-corrente, come da sottotitolo del festival, alla ricerca di un futuro diverso, con nostalgia, quando il futuro era un’altra cosa: se proprio disordine deve esserci, almeno che sia bello a vedersi, ma soprattutto a sentirsi.

Luca Mai (Traum), foto di Guglielmo Verrienti.

Una rapida scorsa al programma, e soprattutto agli headliner, ci catapulta nel meglio di certa musica indipendente anni ‘90, quando eravamo giovani e coi capelli lunghi, e che bello che anche i ragazzi di oggi possano vedere e godere di certi maestri, discorsi da vecchi, ma tant’è, la gioventù sonica si sarà pure frammentata qua e là, ma una chitarra è per sempre, nonostante graffi e schegge: ecco quindi Thurston Moore con il suo gruppo, scritto proprio group quasi a indicare una band impro/jazz-noize, e i nostrani Marlene Kuntz che tanto – per loro stessa ammissione – hanno preso ai Sonic Youth nonché a King Ink, ovvero Nick Cave, i Casino Royale che portano più bassi ma sempre dagli anni ‘90, e infine i nostri 24grana che giocano in casa con i loro pezzi a metà tra dub e certo indie-rock di stampo americano.

Cristiano Godano (Marlene Kuntz), foto di Guglielmo Verrienti.

Se poi si scorre il resto della lineup, il resto della proposta non è da meno: troviamo gli Appaloosa e i Traum (supergruppo con membri da Zu/Lento/FuzzOrchestra), il cantautore anni ‘70 Sasso, la Rhabdomantic Orchestra, e altre glorie campane come Retina.it, Fanali, Giovanni Iacovella, Guru, Yes Daddy Yes, e ultimo ma assolutamente non ultimo Jamie Stewart degli oscuri e sofferti Xiu Xiu.

Jamie Stewart (Xiu Xiu), foto di Guglielmo Verrienti.

Il tempo, e soprattutto lo spazio, è quello che è e purtroppo il furioso Armadillo non è riuscito a godere proprio di tutto questo ben di dio, parleremo quindi solo di ciò che si è visto e sentito. Non si può non iniziare con la benedizione sonica di Thurston Moore, che viene a grattugiarci la chitarra proprio in testa davanti a noi, a pochi centimetri dal naso, lì dove Jimi Hendrix sacrificava la chitarra al fuoco, il buon Thurston la alza al cielo e che bello perdersi in questi suoni così puliti così distorti: un micro-secondo e subito la mente va a quel disco dei sonici, certi suoni sono inconfondibili, marchio di fabbrica, suono brevettato, accordatura (im)perfetta ma comunque proiettata in avanti: la classe del maestro Thurston sta nel lasciare tutti gli assoli al “secondo” chitarrista Alex Ward, tiratissimo e psichedelico, ottimo anche al clarinetto, per tuffarci in certe dilatate atmosfere oniriche che prendono il volo nel momento in cui i nostri attaccano quella Temptation Inside Your Heart dei maestri Velvet Underground, la storia di certo rumore in una manciata di minuti, manco stessimo sognando lo stesso sogno del nostro amore (vedi pezzo Hypnogram), anche grazie alla chitarra baritono di Debbie Googe dei My Bloody Valentine e l’elettronica di Jon “Wobbly” Leidecker dei Negativland. Poi questa specie di psych a frequenze basse che ritroviamo sia negli Appaloosa coi 2 bassi che nei Traum con l’elettronica, una cavalcata super kraut che tra clangori industriali e ritmi saltellanti spinge nei recessi della psiche, psichedelia, sì, coadiuvata ed esaltata anche dai visual digitalmente perfetti di VJ Harvey, veramente da tenere d’occhio. Poi c’è il live di Jamie Stewart in solo, chitarra distorta e voce riverberata, sofferente come pochi, non alza lo sguardo nemmeno per un attimo, perso nei suoi incubi o semplicemente timido, urla e va bene così, anche se bisogna ammettere che senza tutto il folle contorno musicale della band denominata Xiu Xiu qualcosa viene a mancare, e si rischia di cadere nell’effetto demo (che non era meglio, no). Come sicuramente qualcosa manca anche ai Marlene Kuntz, e non parliamo solo del bassista comunque cambiato nel tempo, ma ovviamente soprattutto del compianto batterista fondatore Luca Bergia, i pezzi nuovi avranno anche un nobile scopo – sensibilizzare gli ascoltatori riguardo al riscaldamento climatico – ma quelle chitarre non sono più le stesse (Riccardo Tesio sicuramente non è invecchiato bene come Thurston, musicalmente parlando), la voce di Cristiano Godano è troppo esposta, egocentrica, miagolante, ma nonostante l’emotività la noia è dietro l’angolo, e nuotare nell’aria sonica è ormai solo un contentino per quarantenni che ricordano la gioventù che fu, senza che nulla di veramente sonico sia rimasto, qui, in quest’ora.

Thurston Moore, foto di Guglielmo Verrienti.

Quello che rimane di questo festival, invece: 2 braccialetti colorati, sorrisi, suoni nelle orecchie e luminarie negli occhi: sui flyer digitali e cartacei tante parole sono cancellate, sottolineate, corrette, manco stessimo leggendo delle bozze, ma nessun errore è stato commesso qui, tutto bello, tutto fantastico: all’anno prossimo quindi, per un Disorder sempre più disordinato e scalmanato possibile.

Pubblico, foto di Guglielmo Verrienti.

Lucio Carbonelli

la forza della gentilezza e il potere dell'immaginazione

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