buon compleanno, minaccia inclusa [harold pinter, peter stein]

Foto di Tommaso Le Pera

Interno familiare con nevrosi, questa la prima impressione all’alzarsi del sipario. Una coppia più o meno anziana, avviata sul finire della vita ma con ancora qualche slancio di vitale spensieratezza, viene vista nel normalissimo atto di fare colazione: i corn-flakes sono buoni, il tempo buono, le notizie buone. L’ambiente è borghese, ben arredato, all’apparenza accogliente. Dopo un po’ si scopre che i due, marito e moglie, gestiscono questa modesta pensioncina, e quello che stanno aspettando affettuosamente non è il figlio, ma il loro unico pensionante, ragazzo scapigliato all’apparenza, ma in realtà uomo ormai fatto: il compleanno che incombe è proprio il suo.

A differenza della coppia, per Stanley – questo il nome del festeggiato – non va niente bene: i corn-flakes fanno schifo, il latte è rancido, il tè assolutamente imbevibile. La signora Meg, una perfetta Maddalena Crippa, lo tratta come un figlio, prende le sue rimostranze con gentile rassegnazione, non si arrabbia, anzi sembra che quasi lo coccoli, con moine varie che però rendono chiarissimo il fatto che i due non sono di certo mamma e figlio.

Il solito tran-tran continuerebbe a scorrere solitamente, senza grandi sorprese, se non fosse per il fatto che sono in arrivo due uomini, hanno intenzione di soggiornare alla pensione, ma perché non sono arrivati la notte prima, quando hanno chiesto indicazioni al signor Petey? Questo è già un mistero, ma nella semplice vita della coppia tutto va bene, le domande non servono a niente, inutili.

Appresa la notizia, è Stanley a entrare nel panico, non si capisce perché, come se volesse essere l’unico ospite della pensione, ormai abituato a questa famiglia acquisita, nonostante niente sia di suo gradimento, nemmeno la ragazza che ogni tanto viene a fargli visita, Lulu, splendidamente bionda e chiaramente affascinata da lui (un’ottima e promettente Elisa Emilia Scatigno).

I due ospiti infine arrivano, uomini oscuramente loschi e fintamente gioviali, ed è qui che avviene lo squarcio, piombando i nostri personaggi in un’atmosfera da incubo lynchano, con una minaccia che da incombente si fa più che mai assurdamente reale: dal buio alcolico Stanley (un impressionante Alessandro Averone) e Lulu ne usciranno cambiati, in qualche modo distrutti da una sorta di inevitabile rito di passaggio che in teoria dovrebbe insegnare come va la vita, ma che in pratica probabilmente segna e basta.

Peter Stein mette in scena un testo giovanile di Harold Pinter, quasi coetanei hanno vissuto ambedue la tragedia della guerra, il bombardamento dall’alto della propria città, situazione perfettamente codificata da Picasso con Guernica: quando la minaccia incombe dall’alto, come si fa a difendersi? Cresci e basta, sempre se riesci a sopravvivere. Rito di passaggio, si diceva: quale cosa migliore del compleanno per indicare la crescita: il nostro protagonista è già uomo eppure sembra rifuggire lavoro e responsabilità, è un pianista ma suona un tamburo, è solo ma non vuole persone intorno, vive da un un anno in una pensione ma è sempre in fuga, impaurito da non si sa chi o cosa.

L’impressione è che i due uomini in giacca e cravatta abbiano proprio la funzione di svegliare Stanley, spegnendo una finta luce e precipitandolo nel buio, il compleanno non è più una festa ma un orrore tra l’assurdo beckettiano e l’inquietudine kafkiana: il nostro ne uscirà completamente cambiato, nell’aspetto, nel carattere, nella voce: incapace di parlare, soffocato, con una nuova vista, forse difettata forse no, niente più occhiali, ma occhi spiritati. Non è più trasandato, Stanley, ha fatto il suo dovere di uomo, ha persino contribuito a traviare la disgraziata ragazzina che gli sorrideva, a niente sono servite le scarpette rosse da strega né il romantico velo magrittiano che pudicamente copre i due amanti (è stata lei a volerlo, si dice sempre così), Stanley ormai è cresciuto e ha acquisito anche lui il suo completo a righe, pronto a una vita normale, e violenta, sembra quasi di assistere all’epilogo di Arancia Meccanica di Burgess/Kubrick, Stanley è finalmente guarito, trasformato, integrato. La tragedia è compiuta: così va la vita, così gira il mondo. Una trappola alienante di strisciante follia, fate attenzione a dove mettete i piedi e tanti auguri di buon compleanno.

 

Lucio Carbonelli

la forza della gentilezza e il potere dell'immaginazione

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