Antonio Neiwiller, dal teatro immaginato all’infinito nostalgico

Il 9 novembre 2023 ricorre il trentesimo anniversario della morte di Antonio Neiwiller, uno degli artisti più originali e innovativi del teatro italiano del secondo Novecento. Enzo Moscato, in un articolo pubblicato su “Il Mattino”, scriveva che Antonio, Tonino, Totonno, Toni Neiwiller era “uno splendido e timido (nel gesto, nel sorriso) Grand’Infante”. Ed è proprio questo suo modo bambinesco, “poetico e prospettico”, per citare ancora Moscato, che è stato celebrato nelle serate dedicate al grande artista napoletano a Napoli, nella Sala Assoli, intitolate Vita immaginaria di Antonio Neiwiller 1948 > 1993 > ∞. Agenzia Teatri, Casa del Contemporaneo e Associazione Assoli hanno presentato quattro serate-evento che culmineranno a Milano, nella serata speciale del 9 novembre al Piccolo Teatro – Teatro d’Europa.

Nato a Napoli nel 1948 da una famiglia di origine svizzera ed ebrea, Neiwiller si avvicinò al teatro verso la fine degli anni Sessanta, fondando il Centro sperimentale di arte popolare, che proponeva lavori di ispirazione brechtiana. Successivamente, entrò a far parte della cooperativa Teatro dei mutamenti, con cui esplorò il rapporto tra tradizione e avanguardia, mettendo in scena opere di Brecht, Vittorini, Kantor, Enzensberger, Basile e Pinter. Nel 1987, insieme a Mario Martone e Toni Servillo, fondò Teatri Uniti, unendo le esperienze di Falso movimento, Teatro dei mutamenti e Teatro studio di Caserta. Fu anche poeta e pittore, partecipò come attore nei lavori di altri registi, come Leo De Berardinis e Mario Martone, e morì, per l’appunto, il 9 novembre 1993 lasciando incompiuta la sua Trilogia della vita inquieta dedicata a Pasolini, Majakovskij e Tarkovskij.

Dotato di una scrittura teatrale fortemente visionaria e poetica, capace di creare immagini suggestive e piene di simboli, Neiwiller era apprezzato anche per la sua presenza scenica, magnetica e intensa, dove portava fuori le diverse sfumature del suo animo. I suoi lavori erano anche un immenso e intenso dialogo con se stesso, intriso di spiritualità, dove la realtà veniva affrontata da un punto di vista laterale, non convenzionale.

La serata di sabato parte con l’omaggio di Antonello Cossia, giustamente intitolato Il Maestro è nell’anima. Parole, musica e immagini con e per Antonio Neiwiller. Cossia, poco più che ventenne, entrò a far parte della compagnia di Neiwiller e, con lui, ha condiviso una parte del suo percorso teatrale. Il suo ricordo parte proprio dalla frase di un famoso brano di Paolo Conte (e da “Aguaplano”, disco che Cossia e Neiwiller hanno ascoltato assieme) e si deduce che, col termine Maestro, in ambito teatrale, bisogna riferirsi solo a quelle personalità che sono in grado di costruire un teatro personale, che derivi da una ricerca teatrale, umana e spirituale singolare e potente. Neiwiller era un Maestro perché riusciva a toccare tutti questi livelli e ad essere sempre coerente con sé stesso.

Dal testo di Cossia – e dagli spezzoni audio e video presentati – viene già fuori tutto questo: si evince un universo poetico dove ogni criterio classico di valutazione viene meno, fortemente divergente da tutto ciò che circondava Neiwiller all’epoca (e che circonda noi).

Nella seconda parte della serata assistiamo alla visione de L’altro sguardo, un documento prezioso filmato da Rossella Ragazzi, un frammento di teatro che si scaglia contro ogni tipo di rappresentazione dove Neiwiller recita in una stanza semibuia e il suo volto, di tanto in tanto, emerge trasfigurato, in un senso baconiano (come hanno giustamente precisato alcuni testimoni al termine della proiezione riferendosi ai volti di Francis Bacon), si nasconde nel suo (dal nostro) inconscio e diventa un tutt’uno con l’incantesimo notturno. Un filmato potente, l’ultima testimonianza che abbiamo di Neiwiller, che sembra ancora dialogare col pubblico e che viene valorizzato dalle parole offerte al microfono da amici e attori che hanno vissuto con lui (tra questi il critico Franco Roberti e un inaspettato Toni Servillo).

Cosa ha lasciato Antonio Neiwiller? Ci mostra qualcosa del suo lascito il musicista Antonio Raia che, con LA MEMORIA BUCATA. Apparente soliloquio con Antonio Neiwiller, realizza un progetto interessante, che si compone di un libro e di un disco, e che, in scena con Walter Forestiere, si avvale degli apporti visivi di cyop&kaf.
E assistere a questo soliloquio, dopo aver visto e ascoltato tante parole di e su Neiwiller, ha senso perché recupera frammenti di quel magico universo per restituirne dettagli, suoni, sensazioni. Non ne sposta i confini, si mantiene sempre sulle tracce di quella sperimentazione ma, al contempo, Raia crea dei propri spazi con sax e strumenti vari, talvolta facendo dialogare Steve Lacy e Colin Stetson con i suoni e i rumori direttamente provenienti dai lavori di Neiwiller. Ci sono il soffio, il silenzio, la “matericità” del teatro neiwilleriano ma anche quella memoria bucata che, piano piano, la nostra generazione, quella di Raia, sta provando a ricucire.

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