L’inferno nelle bottiglie: grottesco ed eros si fondono nell’opera di Suehiro Maruo

L'inferno nelle bottiglie

L’inferno nelle bottiglie è una di quelle opere che mi attirano e mettono in crisi al tempo stesso. Non sono esattamente una cultrice del genere ero-guro. Pur essendo perfettamente consapevole di quanto questo tipo di narrazione sia profondamente radicata nella cultura del paese del Sol Levante, le sensazioni che mi trasmette sono così inquietanti da farmi avvicinare con timore ai manga ascrivibili a questo genere. Suehiro Maruo con il suo L’inferno nelle bottiglie riesce a farmi provare tutte una varietà di emozioni altamente indesiderabili: disgusto, pena, rabbia, insieme a un senso di profonda ingiustizia e ambiguità, come quando il sudore ti si appiccica addosso e respiri affannosamente, mentre la vista ti si offusca e cominci a chiederti se sei sveglio o stai vivendo un terribile incubo.

Maruo è uno dei grandi maestri del genere ero-guro – ne parla approfonditamente anche Igort nel suo Quaderni Giapponesi – un artista con una sua visione eccentrica e diabolica, densa di significati e paure. Questa commistione tra erotismo e grottesco è padroneggiata alla perfezione da Maruo, che con questo graphic novel ci restituisce una mirabile prova d’artista.

L’inferno nelle bottiglie – che dà il titolo al volume – è il primo dei quattro racconti contenuti al suo interno ed è ispirato a un classico della letteratura giapponese. Due fratelli vivono come fossero gli abitanti di una sorta di paradiso terrestre, sostenendosi l’un l’altra per tutti gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, dopo esser capitati, naufraghi, su un’isola disabitata. Tutto sembra andare per il meglio, fino a quando i due si scoprono a desiderarsi come uomo e donna…

Nel mezzo ci sono “Le tentazioni di Sant’Antonio” – con una vena spiccatamente umoristica – e “Kogane-mochi”, ma è forse l’ultimo racconto, “Povera sorella”, il più terrificante dal mio punto di vista di lettrice facilmente impressionabile. Anche qui i protagonisti sono due fratelli, che vivono una vita miserabile senza avere alcuna colpa, nel Giappone degli anni Trenta. Un uomo depravato e malvagio con già una bambina si risposa. Da queste seconde nozze nasce un figlio deforme e dall’intelletto limitato, che porta alla separazione tra i due, dato che s’incolpano l’un l’altro per aver generato un simile mostro. Quando la piccola protagonista – che si affeziona sinceramente allo sfortunato fratello – compie 16 anni, un malfattore fa al padre una terribile proposta: perché non vende entrambi i figli? Lei come prostituta e il piccolo a un’esposizione di freaks. Magari gli taglieranno braccia e gambe per renderlo ancora più peculiare. La ragazza sente la conversazione e scappa con il fratellino. Comincia comunque a prostituirsi, ma in qualche modo i due sono liberi. Eppure le speranze di un lieto fine, ahimè, sono quanto mai remote.

Incubi, visioni, speranze spezzate, vite predestinate alla follia: con L’inferno nelle bottiglie, Maruo fa fare al suo lettore un viaggio che difficilmente potrà dimenticare. Se siete fan del genere ero-guro, il mangaka è il traghettatore giusto per il vostro inferno personale. Se non lo siete, fatevi coraggio: per una narrazione così particolare e delle tavole così spaventosamente perfette vale la pena.

Titolo: L’inferno nelle bottiglie
Autore: Suehiro Maruo
Editore: Coconino
208 pp., b/n – col. – 20,00 €

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