Oedipus, Sofocle riscritto da Robert Wilson

Foto di Lucie Jansch

Oedipus è il secondo spettacolo della rassegna “Pompeii Theatrum Mundi 2018” diretta da Luca De Fusco. Per l’occasione, il regista Robert Wilson crea una personalissima messa in scena in cui ridisegna lo spazio con luci e suoni usando la tragedia di Sofocle come una traccia per un’analisi della fenomenologia dell’inconscio.

Nel prologo in cui Edipo si avvicina lentamente alla luce accecante del sole, e in quella prima immagine, c’è una sorta di identificazione primitiva col proprio destino, un autoriconoscimento che stabilisce la relazione di Edipo con la propria realtà. Grazie al supporto del drammaturgo Konrad Kuln, Wilson comincia, così, a costruire una scena fatta di corpi, immagini, luci e suoni che, lentamente, animano il Teatro Grande, luogo impareggiabile della coesistenza umana, dove il destino e la tragedia si sono intrecciati per sempre.

I due testimoni sono Mariano Rigillo, fermo sotto l’angolo destro del proscenio, figura ieratica sospesa in un altrove intangibile, e Angela Winkler. Edipo, interpretato da Mikalis Theophanous, non parla ma è agito ed è una specie di straniero che rinvia a noi. La sua morte, infatti, è l’archetipo di una sorte che tocca ad ogni uomo. Wilson, però, non ricorre al tragico per esemplificare un dramma e, con la sua messa in scena, non demistifica il mito ma semplicemente procede per altre narratività in cui fare teatro significa ancora fare il possibile per mettere in gioco tutti i sensi dello spettatore.

Per questo l’Oedipus di Wilson, come d’altronde tutte le opere del regista texano, è importante, al di là della resa finale della messa in scena. I suoni, ad esempio, non provengono da una direzione o da quella esattamente opposta ma occupano lo spazio proprio in virtù della loro densità. Stando sugli spalti del teatro si ha la percezione uditiva di una pluralità di suoni e voci che si sovrappongono ai giochi di luce i cui effetti, probabilmente, sono difficilmente ricreabili in un teatro al chiuso. Non è una novità, certo, ma rende l’Oedipus una performance site-specific e un’installazione di arte contemporanea che solo Wilson (e pochi altri) sanno davvero ricreare. L’uso geometrico delle luci trascende il testo ma scandisce la narrazione con un impatto visivo impressionante e definisce i corpi come se fossero statue dell’antica Pompei.

L’Oedipus di Wilson decostruisce, inoltre, l’idea di tragedia ricercando e ricreando una forma pre-tragica, disarticolata come il sax free di Dickie Landry, autore delle musiche con Kinan Azmeh. Ed ebbe ragione Wilson quando dichiarò, in un’intervista a La Repubblica, che il suo spettacolo è come un cheeseburger perché “ha tanti ingredienti”. In realtà ha mille piani di lettura proprio come la nostra esistenza ricongiungendosi, così, circolarmente all’essenza stessa della tragedia greca e alla sua funzione sociale e poetica.

OEDIPUS
da Oidípūs týrannos di Sofocle
ideazione, spazio, disegno luci e regia Robert Wilson
co – regia Ann Christin Rommen
musiche originali Dickie Landry e Kinan Azmeh
costumista Carlos Soto
collaboratore alla scenografia Annick Lavallee – Benny
collaboratore disegno luci Solomon Weisbard
drammaturgia Konrad Kuhn
con Angela Winkler, Mariano Rigillo, Dickie Landry (sax), Michalis Theophanous, Alexis Fousekis, Meg Harper, Kayije Kagame, Casilda Madrazo
un progetto di Change Performing Arts
commissionato e coprodotto da Conversazioni | Teatro Olimpico Vicenza, Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale

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