Della stessa materia di sogni e tempesta (Alessandro Serra, Teatro Bellini Napoli)

«Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita».

 

da sinistra Maria Irene Minelli, Marco Sgrosso (foto di Alessandro Serra)

«Il potere supremo, pare dirci Shakespeare, è il potere del Teatro. La tempesta è un inno al teatro fatto con il teatro la cui forza magica risiede proprio in questa possibilità unica e irripetibile di accedere a dimensioni metafisiche attraverso la cialtroneria di una compagnia di comici che calpestano quattro assi di legno, con pochi oggetti e un mucchietto di costumi rattoppati. Qui risiede il suo fascino ancestrale, nel fatto cioè che tutto avviene di fronte ai nostri occhi, che tutto è vero pur essendo così smaccatamente simulato, ma soprattutto che quella forza sovrumana si manifesta solo a condizione che ci sia un pubblico disposto ad ascoltare e a vedere, a immaginare, a condividere il silenzio per creare il rito. L’uomo avrà sempre nostalgia del teatro perché è rimasto l’unico luogo in cui gli esseri umani possono esercitare il proprio diritto all’atto magico», scrive nelle note di regia Alessandro Serra che ha tradotto e adattato questa Tempesta vista al Bellini di Napoli giovedì 2 febbraio 2023 (e ancora in replica venerdì 3 alle 20.45, sabato 4 alle 19, domenica 5 alle 18), curandone poi anche regia, scene, luci, suoni e costumi. Lo spettacolo vede in scena Andrea Castellano, Vincenzo Del Prete, Massimiliano Donato, Salvo Drago, Jared McNeill, Chiara Michelini, Maria Irene Minelli, Valerio Pietrovita, Massimiliano Poli, Marco Sgrosso, Marcello Spinetta, Bruno Stori. Tra i tecnici Stefano Bardelli ha collaborato alle luci, Alessandro Saviozzi ha collaborato ai suoni, Francesca Novati ha collaborato ai costumi, Tiziano Fari ha creato le maschere.

da sinistra Massimiliano Poli, Vincenzo Del Prete (foto di Alessandro Serra)

Questa rappresentazione, a quanto pare penultima (meta-)opera di Shakespeare che si congeda dal suo pubblico proprio come fa Prospero nel suo celebre monologo finale, è un’opera magica perché appunto mago è il suo protagonista: Prospero, esiliato dal fratello un’imprecisata isola del Mediterraneo dove impara a controllare la magia schiavizzando e sfruttando lo spirito d’aria Ariel e il mostro terroso Calibano (figlio della strega Sicorace che aveva imprigionato lo stesso Ariel). Destino vuole che il fratello usurpatore si trovi a passare vicino all’isola ed è qui che Prospero, intenzionato a riportare sua figlia Miranda sul trono, scatena la sua ira attraverso la tempesta del titolo facendo naufragare il fratello insieme al Re di Napoli e suo figlio Ferdinando (che nelle mire di Prospero dovrà diventare il marito di sua figlia), oltre ad altri membri della ciurma tra cui spiccano i due buffoni Stefano e Trinculo sempre alla ricerca di vino. A niente serve essere re contro l’ira della Natura e di un mago, tutti si salvano ma la loro vita viene risucchiata in un mondo altro da cui usciranno cambiati, forse migliori, più compassionevoli, come si augura l’anziano e illuminato consigliere Gonzalo e lo stesso spiritello Ariel costretto suo malgrado a servire il rancoroso Prospero fino a quando lui stesso non cambierà, così come lo stesso Calibano è costretto al ridicolo dai cialtroni di cui sopra (tutto il rispetto possibile per i grandi Squallor, ma sentirli in bocca a un mostro shakespeariano è francamente – appunto – ridicolo, meglio sarebbero state le maledizioni).

da sinistra Jared McNeill, Vincenzo Del Prete, Massimiliano Poli (foto di Alessandro Serra)

La vicenda è divisa in tre “scene”: Prospero insieme con Ariel alle prese con la figlia Miranda e il principe erede Ferdinando, l’usurpatore Antonio con Gonzalo e il Re di Napoli con suo fratello, i due buffoni con Calibano. Solo Prospero sa tutto quello che succede, solo lui grazie alla magia tira le fila della vicenda secondo il suo volere. La scena è spoglia, pochi gli elementi scenografici, eppure forte e potente è la messa in scena: luce e buio si aprono e si chiudono sui personaggi, il chiaroscuro come elemento fondamentale, il bianco e il nero costantemente a caratterizzare in positivo e negativo i personaggi. Su tutto aleggia il magico soprannaturale e talvolta materico, andando a creare scene dal forte impatto visivo ammaliante e incantatorio: basti il tempestoso incipit: un lenzuolo nero, un po’ di luce, uno spirito che soffia e scalcia: è questo il teatro, ci ricorda Shakespeare, vero e unico mago della rappresentazione.

Chiara Michelini (foto di Alessandro Serra)

Lucio Carbonelli

la forza della gentilezza e il potere dell'immaginazione

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