Cosa significa esistere, in una guerra [Existenz – Campania Teatro Festival @ Sala Assoli, 8/7/2023]

A luci accese si entra in sala e già si sente una musica provenire dal palco, su quella che sembra essere una sedia a rotelle un uomo fa su è giù sul fondo, ma non sembra accorgersi di noi, com’è giusto che sia. Suona la sua chitarra perso in ricordi lontani, o un futuro che non esiste più: questo è il suo presente. Un grande orecchio blu troneggia in mezzo al palco, un invito all’ascolto, o forse è già tutto morto, il sangue sparso su un campo di sabbia, l’orecchio ormai gelido, mangiato dalle formiche.

foto di Tammo Walter.

In guerra non vedi quello che succede, puoi solo ascoltare: chiuso in casa, al buio, la corrente saltata da giorni, senti le bombe cadere lontano, sperando che restino sempre più lontane. Ascolti e non vedi, senti il sussurro di voci che non sai se esistono solo nella tua mente o appartengono a chi presto sarà morto, se non lo è già. Lo stesso soldato non sa cosa sta facendo, lontanissimo dal campo di battaglia non sa chi sta uccidendo: un ragazzo come lui, un soldato professionista, un civile, un  mercenario. È la guerra moderna, bellezza! La violenza raffreddata dalla tecnica, che però si fa ancora più bestiale nel momento dell’incontro con l’altro ormai sempre più lontano e disumano.

foto di Tammo Walter.

I personaggi di questo spettacolo, due uomini e due donne, sorgono dalle sabbie di quella che è una casa in macerie, un deserto, una tomba, non ci è dato saperlo, ma poco importa, la differenza è minima. Così come poco importa chi sia soldato e chi sia civile, in una guerra muoiono tutti, tutti tranne chi questa guerra l’ha dichiarata, va da sé, i ruoli sono intercambiabili, l’uomo diventa donna, la donna diventa soldato, tutti sono pronti a sparare in quella che è una follia assoluta.

foto di Tammo Walter.

C’è chi aspetta il ritorno a casa di qualcuno, e chi aspetta solo che la giornata finisca, sperando si sia ancora vivi, anche se che vita è, sepolti nella sabbia. Un leggio davanti, variazioni di stile sulla morte: un soldato merita di morire, anche solo per quello che immagina? Continuano ad arrivare rumori lontani, una fioca luce a illuminare il tutto, la corrente è saltata da giorni, lo sai bene, non si vede nulla, l’unica cosa è toccare, se qualcosa di umano ti è ancora rimasto accanto. Dormire, forse morire.

foto di Tammo Walter.

Existenz, testo in arabo e tedesco, è uno spettacolo durissimo, che cala subito lo spettatore in un ambiente opprimente e claustrofobico, si è al buio la maggior parte del tempo, il senso dell’udito viene esaltato dall’uso di cuffie isolanti fornite a ogni spettatore, le voci sono la cosa principale, sfruttando la tecnologia stereo queste arrivano da destra e da sinistra a seconda di chi sta parlando e dove, la luce appunto è fioca, e se c’è un lampo questo è livido e potente, e forse sarebbe stato meglio non fosse mai arrivato.

foto di Tammo Walter.

Attrici e attori sono persi nel dolore delirante di chi ha perso tutto, gli occhi lucidi, continuano a ripetere frasi non sempre comprensibili, persi nella propria ossessione mentale, quando c’è tanta emozione è difficile anche seguire i sovratitoli, molto meglio l’interprete simultaneo che ci sussurra nelle cuffie quello che a volte nemmeno vorremmo sentire, qui non si tratta di ASMR, è uno spettacolo multisensoriale, questo, c’è da apprezzarne l’originalità, anche quella di mettere fianco a fianco soldati e civili, maschile e femminile, ma solo per poi mescolare e confondere i ruoli, com’è giusto che sia in questo mondo dov’è sempre più difficile scorgere il giusto, che forse non esiste più. Come si dice, uno spettacolo che fa riflettere: guardarsi allo specchio sarebbe il primo passo, se solo lo specchio non fosse già andato in mille pezzi.

foto di Tammo Walter.

Gli attori sono Mohamad Al Rashi, Corinne Jaber, Amal Omran e Alois Reinhardt, la regia di Lydia Ziemke, il testo di Wihad Suleiman. Le scene e i costumi di Claire Schirck con la collaborazione di Raffaëlle Bloch, la drammaturgia e la traduzione di Christopher-Fares Köhler. Il sound design e la direzione tecnica di Nils Lauterbach, la musica di Nils Lauterbach e Mohamad Al Rashi. Il disegno luci di Vito Walter, la traduzione dal vivo di Sandra Hetzl.

foto di Tammo Walter.

Lucio Carbonelli

la forza della gentilezza e il potere dell'immaginazione

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