Cabaret: il musical diretto da Cannito e Brachetti sulla Berlino degli anni ’30 (tra luci e ombre)

Cabaret è uno dei musical più famosi e apprezzati della storia del teatro, che ha debuttato a Broadway nel 1966 e che ha avuto numerose rivisitazioni e adattamenti. La versione italiana, diretta da Arturo Brachetti e Luciano Cannito, è in scena, fino al 25 febbraio, al Teatro Diana di Napoli, con un cast di 18 interpreti talentuosi e una scenografia suggestiva.

La trama si svolge nella Berlino del 1930, dove il clima politico e sociale è sempre più teso e instabile, a causa della crescente ascesa del nazismo. In questo contesto, si intrecciano le vicende di alcuni personaggi, che cercano di vivere e di amare, rifugiandosi nel Kit Kat Klub, un cabaret squallido e decadente, dove si esibisce la protagonista Sally Bowles, una cantante inglese sognatrice e ribelle.

Il ruolo di Sally è affidato a Diana Del Bufalo, che si dimostra all’altezza della sfida, interpretando con grinta e passione la sua parte. La sua voce è potente e sicura, e riesce a trasmettere le emozioni contrastanti del personaggio, tra allegria e disperazione, soprattutto nella canzone finale “Cabaret”, che è uno dei momenti più intensi e coinvolgenti dello spettacolo.

Accanto a lei, c’è Cristian Catto, che interpreta Clifford Bradshaw, uno scrittore americano che si innamora di Sally e che cerca di aiutarla a uscire dalla sua vita sregolata. Catto è bravo e credibile nel suo ruolo, e riesce a creare una buona alchimia con Del Bufalo.

Il personaggio più ambiguo e affascinante dello spettacolo è il Maestro delle Cerimonie, che è il padrone di casa del cabaret e che introduce i vari numeri musicali con ironia e sarcasmo. Il ruolo è interpretato da Arturo Brachetti, che è anche il regista insieme a Cannito. Brachetti è un artista eclettico e versatile, che non rinuncia alla sua arte del trasformismo, inserendo alcune scene di quick-change (molto fanbased, a dire il vero). Brachetti si cimenta anche nel canto, e sebbene non sia la sua specialità, se la cava discretamente, alternando momenti comici (come in “Two Ladies”) a momenti poetici (come in “If You Could See Her”).

Foto di Valerio Polverari (anche foto copertina)

Gli altri interpreti sono tutti bravi e professionali, ma meritano una menzione particolare Christine Grimandi e Fabio Bussotti, che interpretano Fräulein Schneider e Herr Schultz, una coppia di anziani innamorati che deve affrontare il pregiudizio e la violenza del regime nazista. I due sono commoventi e toccanti, e cantano alcune delle canzoni più belle e significative dello spettacolo, come “So What?”, “What Would You Do?” e “Married”.

Lo spettacolo è accompagnato da un’orchestra dal vivo, diretta da Giovanni Maria Lori, che esegue le musiche di John Kander con ritmo e precisione. Le musiche sono un mix di jazz, swing, blues e cabaret, creano un’atmosfera vivace e coinvolgente, ma anche malinconica e drammatica.

Le coreografie, curate da Luciano Cannito, sono forse il punto debole dello spettacolo, in quanto non sono molto originali e varie, e a volte risultano un po’ ripetitive e scontate. Tuttavia, l’ensemble di ballerini e cantanti è molto bravo e energico, e riesce a dare vita al cabaret con le sue performance. Le scene, disegnate da Rinaldo Rinaldi, sono molto belle e realistiche, e ricreano perfettamente l’ambientazione della Berlino degli anni ’30, tra il cabaret, la pensione, il treno e la strada.
La regia di Brachetti e Cannito è pulita, riesce a raccontare la storia con semplicità e efficacia, senza cadere nel melodramma o nella banalità, ma non è del tutto equilibrata. Il primo atto risulta troppo lungo (circa 1h e 45) e ha momenti di calo troppo significativi. Il secondo, invece, è veloce, dinamico e ha il suo culmine nella canzone finale.

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Una risposta

  1. Francesco Potenza ha detto:

    bellissima recensione, molto tecnica e appassionata.
    se vuoi puoi fare un salto nel mio blog.

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