Alchemy

Momix-Alchemy

Moses Pendleton ha capito benissimo il senso del Grande Teatro. Corpi che condividono lo stesso spazio, nello stesso frammento di tempo. Il molteplice, riverberato da specchi che, prima di passare alla seconda parte dello spettacolo, si intreccia con la moltitudine muovendosi all’unisono con esso. Alchemy dei Momix è la danza dell’illusione, della seduzione, della trasformazione di uno spazio in un concetto senza finire nella rappresentazione. Si supera il limite imposto dalla performance per arrivare a un’alchimia che non appartiene al teatro ma all’impossibile.

La scena è vuota, sono i corpi a esplodere in luce, creando trame sottili, rituali precisi, suggestioni oniriche, giocando con i quattro elementi. Il Teatro diventa, a questo punto, madre e padre, portatore del senso della vita. Il divenire è dato dalla differenza e dalla ripetizione di tanti eventi concatenati e lo spazio scenico è il luogo perfetto, e insostituibile, per materializzarlo senza finire nella rappresentazione statica. Pendleton non è solo un grandissimo coreografo ma è riuscito a concepire, con i suoi Momix, il corpo artaudiano per eccellenza, tormentando la materia per creare, sporcandosi le mani nella terra per cercare l’oro, parafrasando le note di regia diffuse in sala. Non dobbiamo comprendere tutto né ricercare un senso logico perché la vita è inspiegabile e può stupire da un momento all’altro. Siamo luoghi da abitare, stanze da vivere – meravigliosi gli abbracci dei due amanti tra voli d’angelo e corse forsennate verso l’altro fino al congiungimento finale -, siamo segreti da esplorare, da rendere carne e il Teatro può comunicare tutto questo, un non luogo dove destino e tragedia si tengono per mano. Pendleton non ha la pretesa impossibile di presentare tante unità, tanti danzatori all’interno di un corpo unico, ma presenta la molteplicità di un solo blocco compatto di corpi che respirano assieme, indissolubili.

Alchemy dei Momix non è solo l’ennesima conferma della grandezza di questo collettivo ma è la necessaria parentesi che ognuno di noi dovrebbe concedersi. Un tripudio per gli occhi e per la mente, densa di una poetica new age, forse non da tutti condivisibile, che, però, si presenta come atto di rigenerazione, vitale, energico, sessuale. Un Teatro – e insisto sul concetto di Teatro e non di Performance o Danza – con una sua precisa carnalità, sacralità, un canto ossessivo e magnifico che rapisce e inebria, uno smarrimento mistico vicinissimo a un orgasmo.

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Una risposta

  1. 29 Dicembre 2018

    […] spettacolo divertente dove si alternano quadri più sofisticati – soprattutto quelli presi da Alchemy – a creazioni oniriche prese direttamente da Opus Cactus. Non è solo illusione e, […]

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