Modo Minore, Enzo Moscato alla Sala Assoli

Lo scenario politico e culturale degli ultimi anni ha dato troppo risalto al tempo presente dimenticando, spesso, il passato. La nostra crisi morale è anche frutto di una mancata capacità di relazionarci con il tempo che fu, con le nostre radici ed è il segno più evidente di questo presente accidentato.

Modo Minore, l’ultima creazione di Enzo Moscato, evoca questa crisi senza nominarla, recupera canzoni poco conosciute della musica popolare italiana e napoletana e le intreccia con i brani più famosi di Gaber e Tenco. Crisi di un presente che non pensa al futuro e non ricorda il passato. Modo minore è l’avvento del passato nel presente: Moscato parte dagli anni ‘50 e arriva fino agli anni ‘80 per offrire un percorso che recupera il senso e il valore di tanti testi ormai dimenticati e di un modo di vivere che non ci appartiene più.

Il presente è ciò che è davanti a noi e, per poter andare avanti, per procedere, bisogna guardarsi intorno e rivolgersi al passato. Modo Minore è l’occasione, quindi, per Moscato, di raccontare la sua storia, la sua nostalgia, il suo passato e condividerlo con il pubblico. Grazie alla direzione musicale di Pasquale Scialò, co-creatore del progetto e ad un quartetto di musicisti talentuosi (Paolo Cimmino, Antonio Colica, Antonio Pepe, Claudio Romano), Moscato racconta in scena i testi di Giacca rossa e’ russetto di Renato Carosone, di O’ Jukebox cantata da Sergio Bruni o di brani dimenticati come O’ bar ‘e ll’università di Enzo Di Domenico e li fa diventare teatro. Le canzoni sono alternate da frammenti di testi scritti da Moscato, piccoli ritratti di Napoli e dei napoletani, che rafforzano i bozzetti evocati dai brani scelti. Canzoni, quindi, come ritornanti, spettri, scampoli di vita vissuta che si spengono nel perimetro oscuro delle parole roventi di Moscato.

Lo spettacolo è divertente, Moscato è bravo ad alternare racconto e canto, parole e note, che dispone sulla sua personalissima partitura secondo una scala di modo minore, nostalgica e malinconica. La sua voce è nuda, fuori campo ed è il motore di un rito collettivo, per tutti, all’interno dello spazio dell’irrappresentabilità.

Alla fine dello spettacolo, un corto diretto da Carlo Guitto mostra un gruppo di bambini correre per i vicoli e divertirsi. Entrano nella Sala Assoli e assistono, per la prima volta, ad un film di Totò. Il passato irrompe, d’improvviso, nel futuro e, per un attimo, solo per un attimo, il presente sembra avere un senso.

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