Allontanarsi per aprirsi: dal buio di Andre Agassi alla luce di Antonio Neiwiller.

Due sono gli spettacoli che propone la sera di domenica 3 luglio il Campania Teatro Festival 2022, in un percorso ideale che dallo sport ci porta alla poesia visiva e musicale. Per la sezione SportOpera a cura di Claudio di Palma, alle Praterie del Gigante c’è Open, in cui Sergio Rubini legge la vita di Andre Agassi, mentre per la sezione Letteratura a cura di Silvio Perrella, al Giardino dei Principi ci sono Lino Musella, Tonino Taiuti e Antonio Biasiucci in una toccante rievocazione di Antonio Neiwiller, Allontanandosi da vicino.

 

 

Per il primo spettacolo la scena è scarna, un leggio in primo piano, un campo da tennis arancione proiettato sullo sfondo su cui insetti danzanti con un po’ d’immaginazione diventano l’ombra di una pallina da tennis. La lettura di Sergio Rubini è appassionata e intensa, giusto qualche inevitabile inciampo che però non disturba, anzi, anche un problema tecnico con il microfono diventa parte della storia e la voce che va via diventa come i capelli che cadono del famoso tennista. La sintesi del libro Open è appassionante ed efficace, seguiamo Andre da adolescente, sottomesso dal padre ad allenamenti massacranti tramite una macchina sparapalle modificata e per questo soprannominata il drago: migliaia di palle da ribattere per il piccolo Andre, e come se non bastasse anche un padre incapace di mostrare gioia per le sue vittorie. Come fai ad amare quello che fai, così? Agassi lo dice subito, lui odia il tennis, eppure continua, va avanti, trova nel fratello l’alleato che non ha nel padre, un allenatore in una persona che non sa nulla del tennis, un modo di essere punk totalmente estraneo a questo sport, e solo così riesce a vincere il tanto agognato Wimbledon. Ma a che prezzo? La storia che ci racconta Agassi è nuda e cruda, non viene nascosto nulla, né i problemi di calvizie, né le sofferenze psicofisiche, e proprio per questo arriva e prende nel profondo, andando oltre l’immagine che non sempre è tutto.

 

 

Di tutt’altra tipologia il secondo spettacolo, a partire dal palco, diviso in 3: una postazione musicale con chitarra ed effetti, uno schermo per proiezioni, un leggio. L’introduzione è del curatore della sezione, Silvio Perrella, che definisce quello che ci apprestiamo a vedere un rito notturno, e i ringraziamenti vanno non solo alle persone, ma anche all’albero che ci accoglie e ci ospita, silenzioso e quasi materno nel suo abbraccio. L’atmosfera è fantasmatica, le luci cittadine lontane, gli aerei ormai ammutoliti, il silenzio rotto solo da immancabili e misteriosi fuochi d’artificio. Cala il buio e Tonino Taiuti entra in scena strascicando una vecchia canzone, Jesus’ Blood Never Failed Me Yet, canzone ascoltata per caso e portata su disco da Gavin Bryars con ospite d’eccezione Tom Waits, era un barbone a cantarla, in una sorta di stato di grazia e di amore verso Gesù che non l’ha mai abbandonato. Grazia che ritroviamo anche stasera nelle chitarre rumorose di Taiuti che come in una ninna-nanna imperfetta ci cullano nell’ascolto delle parole di Lino Musella, versi di Fabrizia Ramondino e lo stesso Antonio Neiwiller, parole sul tempo perduto e ritrovato in questo presente che pensa solo al consumo, troviamo un nostro tempo è il suggerimento, dimentichiamo tutto, ricordiamo altro. Nel mentre sullo schermo scorrono le foto di Antonio Biasiucci, sovrapposte e fuse tra loro, bianco e nero potente e organizzato in tre sequenze compatte e omogenee: legno e magma che si trasformano in città invisibili, mozzarelle a bagno nel proprio latte che si fanno pianeti in spazio profondo, volti dormienti accostati a migranti perduti che ci ricordano che nessun essere umano è illegale, tutto è umano. La suggestione è tanta, l’emozione anche: la notte ormai è scesa su di noi, ma c’è una luce dentro che riscalda.

 

Lucio Carbonelli

la forza della gentilezza e il potere dell'immaginazione

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