Boyhood

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Boyhood, regia di Richard Linklater

USA 2014

 

Cast: Brad Hawkins, Ellar Coltrane, Ethan Hawke, Lorelei Linklater, Patricia Arquette, Richard Andrew Jones, Sam Dillon, Zoe Graham
Sceneggiatura: Richard Linklater
Montaggio: Sandra Adair
Fotografia: Lee Daniel, Shane Kelly

Durata: 164 minuti

 

Il regista Richard Linklater ha avuto una buona intuizione e l’ha realizzata bene, anzi molto bene. Una lavorazione diluita in 12 anni di vita dei suoi protagonisti, presentata in poco meno di tre ore: dovrebbe bastare questa singolarità a dare vita eterna a questo film, eppure ho come la sensazione che il bellissimo Boyhood non lascerà più di un’impronta sulla sabbia. Non è un fatto di eccessiva ambizione, obiettivo mancato o cose del genere; ha funzionato tutto a meraviglia in questa storia famigliare cresciuta con i suoi attori. Credo semplicemente che Boyhood con questa sceneggiatura “biologicamente sensibile” possa risultare in un certo senso una sorta di tradimento del cinema come lanterna magica, brillando di luce propria in una zona grigia tra finzione ed esperimento.

Continuando a far le pulci, si nota pure una bella differenza tra la parabola di crescita degli attori professionisti, Patricia Arquette ed Ethan Hawke, e quella degli “attori in provetta” Ellar Coltrane e Lorelei Linklater. Si forma come una leggera increspatura nella sospensione dell’incredulità; i ragazzi, quelli che dovrebbero essere i personaggi più “reali”, sembrano a volte un po’ innaturali. C’è nei due fratelli una ostentata impenetrabilità, un inalterabile dosaggio delle emozioni: manca un pianterello da bambini, una scenata sconclusionata da adolescenti, manca la sessualità famelica dei ventenni. Ciò nonostante, Coltrane ha la sua bella presenza scenica con quel sorrisetto dolce e scazzato, così come la figlia del regista ha pure lei la sua onesta faccia da cinema.

L’esperimento di “tenuta” del personaggio nel tempo (e credibili cambiamenti) mi sembra comunque più riuscito negli adulti; la Arquette soprattutto (Oscar 2015 come miglior attrice non protagonista) conserva con grande efficacia la sua maternità tenera e incasinata, con lunghi periodi di apnea tra immersione nel lavoro e compagni sbagliati, seguiti da repentini scatti da tigre a difesa dei suoi cuccioli. Esemplare anche il cambiamento nel secondo marito – un grandissimo Marco Perella – che da brizzolato professore con simpatia e carisma stile “Attimo fuggente” si abbrutisce scivolando nel baratro dell’alcol. Sono storie come la sua ad essere il perfetto banco di prova per la riuscita dell’esperimento; in pochi minuti e frammenti di immagine lo spettatore riesce a digerire questa mutazione, partecipando pienamente della tensione famigliare che ne deriva in sequenze memorabili come quella dell’esplosione di rabbia a cena.

Tutto in questo film è sintesi; da questo punto di vista non si può che applaudire al lavoro di Linklater, che presenta con grande stile e stupenda coesione scenica e narrativa i momenti più tipici (a volte anche i più “americani”) di una crescita, senza mai dare la fastidiosa sensazione di un campionario di studi sociali. Riesce a metterci dentro un po’ tutto – dall’evoluzione tecnologica a quella musicale, dai costumi agli eventi politici intorno – evitando il pastone, con leggerezza. Film come questi puntano al cuore, ma non si accontentano di titillare reazioni emotive superficiali; non ci sono momenti di grande commozione, in questo film. Personalmente, mi sono quasi commosso per la spontanea semplice bellezza del tributo musicale al neodiplomato Mason da parte del chitarrista amico del padre (Charlie Sexton) durante un check strumentale, in un teatro ancora vuoto. Ma qui è la bellezza di una scena, il fascino di un legame così piccolo, secondario eppure così delicato proprio perché è un affetto maschile senza parentela, senza necessità di contraccambio. Niente sentimentalismi a buon mercato, dunque, ma piuttosto una struggente poesia sulla famiglia disgregata, lungi da insulse celebrazioni anti-matrimoniali ma con uno sguardo affettuoso verso questo mondo di perdenti, di confusi, di anonimi secondi.

 

Cosa vedere di Richard Linklater se ti è piaciuto Boyhood

Richard Linklater è un regista di film indipendenti, caratterizzati sempre da una forte componente minimale. L’Armadillo Furioso consiglia di vedere Prima dell’alba, con Ethan Hawke e Julie Delpy, del 1995, che ha vinto l’Orso d’Argento come miglior regia al Festival di Berlino, ma anche progetti come School of Rock, una commedia musicale sceneggiata appositamente per Jack Black, e Waking Life, un film d’animazione in rotoscope del 2001.

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