La rivolta della Poesia

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Un poeta che si rivolta contro il suo stesso autore.  Così ho immaginato la “rivolta della poesia” di Camus. La figura di un poeta, creato da Camus e, di volta in volta, interpretato da Rimbaud, Lautreamont,che è genio e il suo esatto opposto, che si rivolta contro il saggista Camus, rifiutandolo. Allora sì che la sua teoria potrebbe avere senso. Lì ci sarebbe il senso di rivolta. Purtroppo tutto ciò non è stato possibile perché non sono nati altri Albert Camus. Provateli a cercarli, a individuarli tra le file di “illuministi” che riempiono spazi televisivi, in radio, tra le frequenze Fahrenheit, e che si professano “intellettuali”. In Italia ne siamo pieni e fanno il gioco del padrone che prende il nome, di volta in volta, di editori o, soprattutto negli ultimi tempi, lettori. In futuro – ma già in parte lo è – saranno solo gli utenti a decretare il Bello. Sarà la rete a dirci “Che cos’è bello”. Questo pezzo avrei dovuto pubblicarlo domenica ma la pubblico oggi perché sento l’urgenza di dirlo. Ecco cosa dovrebbe fare il Poeta in Rivolta di oggi, a differenza del surrealista Breton,il quale osò dire, prendo in prestito le parole di Camus, “che il più semplice atto surrealista consisteva nello scendere in strada, rivoltella in pugno, e tirare a caso sulla folla.”. A questo punto arriva la critica ai surrealisti da parte di Camus: “Troppo bennati per ammazzare tutti, i surrealisti, seguendo la logica stessa del loro atteggiamento”, sono giunti a considerare che per liberare il desiderio, bisognava innanzitutto rovesciare la società. Hanno scelto di servire la rivoluzione del loro tempo”. E non ci dice se è stato un bene o un male, non contamina ulteriormente il passaggio con la sua presenza morale. Ebbene, a mio avviso, non si può comprendere legittimamente Camus se non si prova il desiderio di rivoltarsi contro di lui, contro un pensiero che noi vogliamo riabilitare e ricollegare ai fatti odierni ma che, in sostanza, è figlio del suo tempo. Ecco, un ragionamento del genere metterebbe in pratica – ma non con la critica talvolta sterile e talvolta stimolante di Sartre ed esistenzialisti – la sua stessa teoria. Il lettore fedele, l’appassionato di Camus o quantomeno un lettore che riesce ad entrare nelle pieghe delle parole, comincia a scagliarsi contro il suo stesso scrittore confutando punto per punto lo scritto e dimostrando che, a distanza di 65 anni, non ha più senso e non lo ha mai avuto perché abbiamo fallito tutto. Un conduttore cede il diritto di parola a una persona seduta su una sedia nella fila opposta al Lettore e comincia un vero e proprio dibattito su di un testo nato negli anni ’50. Così dovrebbe essere la Poesia o almeno, per scendere più in basso, così dovrebbe essere la Televisione. Ma, purtroppo,  non esiste più dibattito perché non esiste più rivolta ma non esiste più rivolta perché non c’è più la Poesia.

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