I tanti perché di Silvano Antonelli

Perché uno spettacolo, nato nel 1994, continua ad essere così attuale? Qual è il suo segreto? Eccolo: si chiama Silvano Antonelli, direttore artistico di Unoteatro, ed è uno di quei rari casi di figure uniche del panorama teatrale italiano che ha fatto da pioniere a un genere, quello del teatro ragazzi, frequentato sin dai suoi esordi sotto l’egida di Gian Renzo Morteo.

Per Antonelli il bambino è un essere umano in divenire, va accompagnato nel suo percorso di crescita e il suo spettacolo-cult, Perché, che ho avuto il piacere di apprezzare al Teatro Bellini di Napoli, riflette pienamente questa sua poetica.

Il Teatro Nel Baule, che al Bellini organizza la rassegna di teatro per famiglie, ha fatto bene a inserirlo nel cartellone di quest’anno perché, nonostante sia uno spettacolo con ritmi diversi da quelli dettati da YouTube, ha una magia che i bimbi in sala hanno saputo cogliere subito. D’altronde, come scrive Antonelli ne “La sensibilità dell’attore”, i bambini sono “spettatori perfetti” dato che non hanno consuetudini a cui fare riferimento. Quindi anche se, come a fine spettacolo ha detto Antonelli, al posto dei giornali avrebbe dovuto mettere una catasta di smartphone, lo spettacolo funziona lo stesso perché tocca stati d’animo ed emozioni che i bambini conoscono bene.

Ma veniamo alla messinscena: ci troviamo in una stanza piena di giornali, di lontano sentiamo il rumore di una guerra in corso, entra all’improvviso un uomo con un elmo e degli anfibi militari. Che battaglia starà mai combattendo?

Lentamente si accascia sulla poltrona e inizia a leggere un giornale. Non riuscirà mai a terminare la lettura di un articolo perché un bambino-pupazzo, suo figlio, continuerà a “disturbarlo” per sottoporgli una serie infinita di domande, quesiti fondamentali per un bambino ma che per un papà appena tornato dal lavoro (o dalla guerra?) potrebbero apparire come una seccatura.

Però non si tira mai indietro, continua a rispondere agli interrogativi, inventa risposte, costruisce storie, accartoccia e piega pagine di giornali per creare animali, macchine, mostri. Alla fine di questa lunga chiacchierata un nuovo giorno si affaccia, il papà si sente diverso, suo figlio gli ha donato nuovi strumenti per interpretare il mondo e la guerra non è ancora finita. Però, adesso, il papà può uscire ad affrontare la realtà di tutti i giorni con un altro spirito.

Come bis, Antonelli propone una canzoncina dal titolo Sciabadì sciabadà – che, vado a memoria, dovrebbe far parte dello spettacolo Canzoncine un po’ bambine – per coinvolgere tutti i bimbi presenti con i loro genitori prima delle consuete domande finali.

Perché è un lavoro che dà molto ai bambini, soprattutto nella fascia 3-5, ed è uno scrigno prezioso pieno di idee. Affascina, infine, senza ricorrere a troppi artifici visivi che finirebbero per distogliere l’attenzione dei bimbi dal focus principale del lavoro.

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