Tifone | Relazione sulla verità retrograda della voce

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Chiara Guidi della Societas Raffaello Sanzio è tornata a Napoli con due suoi lavori molto importanti : “Relazione sulla verità retrograda della voce”, un racconto-spettacolo sul suo metodo vocale, e “Tifone” di Joseph Conrad dove dialoga col pianoforte di Fabrizio Ottaviucci. Come già descritto in quest’articolo, la sua è un’esplorazione macroscopica e microscopica di tutte le sfumature della voce.

<< Tutte le emissioni sonore dell’universo, attive o passive, si trovano così sullo stesso piano, come materie grezze da osservare freddamente. Il vocabolario si arricchisce di nuove parole e la scala melodica oratoria riproduce voci tratte dalle più piccole particelle sonore della terra. Qui ha inizio il cammino a ritroso verso la verità della voce umana, e verso la potenza classica della parola>>.

Così Chiara Guidi introduce il suo metodo che porta lo spettatore verso percezioni sensoriali molto estreme e non fa altro che mettere in scena il vero scopo della performance artistica, cioè portare la mente, durante l’ascolto, verso altre dimensioni sonore utilizzando anche i vuoti della parola. Un’idea di teatro, ormai assodata, che si concentra principalmente sul divenire della voce, su ciò che può plasmare e mutare, anche attraverso la narrazione, senza ricorrere necessariamente a un’interpretazione statica. Chiara Guidi trasforma un testo per dargli ritmo, estendendo il piano della narrazione fino a sconfinare nel virtuosismo musicale. Non siamo più nel campo dello “spettacolo”, non c’è più un artista che si esprime attraverso l’arte ma l’Attore diventa un’estensione del testo all’interno di un processo che comprende tecniche vocali, sonore nonché sentimenti ed esperienze legati a un personale percorso di ricerca.

La ricerca teatrale di Chiara Guidi ricrea la dimensione musicale del mondo in cui l’Attore è un musicista che crea nuovi mondi (il suo Tifone ne è un esempio fulgido) moltiplicando all’infinito tutti i suoni singolari che l’ambiente circostante riproduce quotidianamente. Staccandosi dall’ego e dall’intenzionalità della messa in scena, utilizza il silenzio (e lo spazio vuoto, nel caso delle performance di Romeo Castellucci) come quaderno pentagrammato da riempire attraverso l’imitazione, la riproduzione e l’armonizzazione dei suoni.

Chiara Guidi è fedele alla Voce, o meglio all’infinità di suoni che la sua voce può riprodurre, e tutto ciò le consente di creare una composizione in cui l’attore è solo una macchina posseduta da mondi anche in antitesi tra loro e fa avvenire nuovi suoni che ricreino l’anarchia del mondo. Per fare questo la Guidi ha bisogno di disciplina ed esercizio per far coesistere disgiuntamente tutti i suoni da riprodurre e favorire la creazione di suoni inediti. Il teatro può essere la cassa di risonanza giusta per dare origine a una nuova forma di arte che rifugge il mestiere dell’attore in senso classico per liberarsi, alla maniera di John Cage, della memoria e del ricordo. L’Attore, in questa accezione, non abita un personaggio, non veste un carattere, non reclama un ruolo ma diventa il padrone di tutti i suoni attraverso un suo metodo preciso che deriva solo dall’esperienza.

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