Yoshimi battles the pink robots, le note di Wayne Coyne dei Flaming Lips

Nella primavera del 2000 eravamo in tour (da qualche parte sulla costa ovest degli USA) quando abbiamo cominciato a ricevere strane e-mail riguardanti una nostra amica (una donna giapponese che lavorava per un giornale locale e gestiva un negozio di dischi ad Osaka). Le e-mail erano tradotte in maniera approssimativa dal giapponese all’inglese e il messaggio, sfortunatamente, non era facile da comprendere. Ma con il passare dei giorni riuscimmo, un po’ alla volta, a decifrare le orribili notizie che ci venivano trasmesse: la nostra amica (la ragazza giapponese) si era ammalata – una malattia al cuore di qualche tipo – ed era morta improvvisamente. Nonostante lei (la nostra amica) sapesse scrivere e leggere l’inglese molto bene, le sue sorelle che ci spedivano le email no, e la serietà della situazione era difficile da confermare. Vedete, avevamo visto questa ragazza non molto tempo prima e – anche se non la conoscevamo molto bene – aveva passato diversi giorni con noi viaggiando per il Giappone e sembrava in salute.
Ma qualunque idea avessimo delle sue condizioni a quel tempo, adesso era… morta e, come ho detto prima, eravamo in tour, viaggiando di città in città con un programma molto intenso. E mentre ricevevamo questa notizia – della sua morte – eravamo scettici ed indecisi su ciò che stava succedendo – a causa della traduzione così incerta. Questo ci ha lasciato un po’ di spazio per l’ottimismo, per pensare che forse non era detta l’ultima parola. Mentre le settimane passavano e la primavera diventava estate, la presa di coscienza della sua morte è esplosa lentamente – è stato molto strano, non mi ha mai sopraffatto, non è arrivata come una grande lancia nera a colpirmi nel petto, come hanno fatto altre morti. E’ arrivata una goccia alla volta, mai come una consapevolezza improvvisa, ma come una devastazione gentile…

Mentre l’estate avanzava avremmo dovuto fare un remix di “Race for the Prize” per, mi sembra, una pubblicazione inglese. Ci serviva una B-side e, dato che non mi faccio mai sfuggire l’opportunità, ho pensato di scrivere velocemente una canzone e senza pensarci troppo mi sono seduto ed ho cominciato a cantare nel registratore (non so per quale motivo, ma sembra che più una cosa sia profonda e sepolta al nostro interno, più ci viene voglia di urlarla). Quello che ne uscì fu questa simpatetica preghiera rivolta a quelle sorelle alle quali non potevo, con ogni probabilità, comunicare le mie condoglianze. E’ venuta quasi esattamente come la ascoltate ora: “It’s Summertime and I can understand if you still feel sad – It’s Summertime and though it’s hard to see it’s true possibilities” e quello che intendevo era che apprezzare la vita è la miglior difesa contro la morte, e speialmente in estate, quando c’è una tale esplosione di vita, questa distrazione, questo notare la vita che erutta tutto intorno può dare loro conforto. So che con me lo ha fatto. Così ho esclamato “Guardatevi in giro – vi accorgerete che è estate!!”. Non vuole essere un qualche tipo di soluzione cosmica hippie: non c’è una risposta, solo un cambiamento… ma è meglio esprimere dispiacere e sperimentare la tristezza piuttosto che lasciar crescere dentro di noi le emozioni sino a sfociare nella disperazione – la disperazione conduce solo ad altra morte. Perché è già abbastanza brutto che qualcosa di meraviglioso nella tua vita se ne sia andato, e la disperazione non ti consente nemmeno di godere di quello che è ancora vivo…

L’estate stava finendo e noi non eravamo ancora soddisfatti del remix, e quindi il singolo di “race for the Prize” non venne mai pubblicato, ma a nostra insaputa, questa canzone triste sull’impatto della morte e la vittoria e la celebrazione del sorgere del sole sarebbe stato l’inizio delle nostre sessions post “Soft Bulletin”. Per i due anni successivi saremmo stati dentro e fuori dallo studio (principalmente quello di Dave Fridmann) cercando di mettere insieme tre ambizioni diverse e non collegate.

La prima di queste ambizioni si presentò quando il nostro amico e regista Bradley Beesley stava finendo il suo documentario, “Okie Noodling”, su un gruppo di strani pescatori nei boschi dell’Oklahoma. “The Southern Oklahoma Cosmic Trigger Contest” (non ancora pubblicato) fu il risultato e consisteva di musica che io chiamo “Country and Western epico”, che utilizza principalmente suoni acustici come armonica, banjo, contrabbasso, archi, ed occasionali singhiozzi. La natura “unplugged” di queste sessions era in bizzarro contrasto con le canzoni che stavamo cominciando ad assemblare con Dave Fridmann (che erano, all’inizio, completamente generate al computer ed elettroniche, sia per “Yoshimi battles the pink robots” che per la colonna sonora di “Christmas On Mars”). Non solo contrastanti in termini tecnici ma anche nel tono. Le canzoni di “Okie Noodling” avevano una piega decisamente de-moralizzatrice (a differenza di molto C&W; derivato dal gospel e dal folk), mentre quelle di “Pink Robots” avevano uno spirito ottimistico e filosofico – e (in una specie di tricotomia di priorità) la colonna sonora di “Christmas on Mars” era malinconica e a volte pesantemente deprimente, con aspetti religiosi ed effetti sonori spaziali.

La nostra precedente esperienza del lavoro su Zaireeka (un album sperimentale su 4 CD), condotta mentre incidevamo “The Soft Bulletin” ci aveva illuminato sui benefici dello spostare l’attenzione da una dimensione sonora ad un’altra, e anche se non intendevamo fare equilibrismo fra i tre progetti nello stesso tempo, il carico di lavoro non è mai diventato troppo pesante ed invece si è dimostrato un piacevole cambiamento di atmosfera e metodo di lavoro.

Nel passato non avevamo mai approcciato una raccolta di canzoni con l’intenzione di renderne uniforme il “mood” come stavamo facendo qui. La nostra curiosità per i suoni e la produzione di solito finiva per modellare il sound più di qualunque idea preconcetta. Con questi tre progetti portati avanti simultaneamente sarebbe stato molto facile spostarci da un’idea all’altra, portando influenze da un progetto al successivo, e non volevamo questo; volevamo che ogni disco fosse un lavoro distinto e con una sua logica e un suo carattere. Così, senza attenerci a parametri troppo rigidi, abbiamo cominciato a mettere le nostre creazioni soniche e melodiche in diverse pile: una per il “Film sui pescatori”, una per il “Film di Natale” e una per quello che è diventato “pink robots” (è strano, ma a questo punto subentra un meccanismo biologico-psicologico per il quale ogni emersione di una sensazione – per un tempo sufficientemente lungo – stimola il desiderio per la sensazione opposta. Un po’ come mangiare un pacchetto di patatine fa esplodere il desiderio di canditi). E così è stato con una rilassata urgenza che ci siamo (all’inizio) spostati facilmente da roba acustica ad altra elettronica e computerizzata, e da musica natalizia ad altra più pesante, rock e sperimentale. Ma (e so che qui la cosa comincia a sembrare assurda) se voi faceste un esperimento con un sacchetto di patatine ed una barretta al candito e continuaste a mangiare un po’ dall’uno e un po’ dall’altro e faceste questa cosa per – diciamo – mezzo milione di volte lungo un periodo di un paio d’anni – finireste per ottenere delle patatine rivestite di canditi… e così anche se credo che le canzoni di “Okie Noodling” suonino sinceramente hillbilly e quelle di “Christmas on Mars” (per ora) siano molto cosmiche e religiose, le canzoni di “Pink Robots” (che sono state quelle più rimaneggiate e più lavorate del lotto) hanno assorbito l’influenza di quei lavori più di quanto loro… Ed è emerso qualcosa che, se letto su carta come state facendo voi ora, può sembrare impossibile o sbagliato, come un qualche tipo di pianta geneticamente alterata: è viva e vegeta, ma in qualche modo innaturale e disturbante…

Ma con un po’ di fortuna, il trionfo della musica sulla psiche sarà tale che questa mistura di confuse compagnie, con il suo acid-rock da cantastorie (penso??) e i suoi temi di funerali in pieno sole renderà gli ascoltatori incapaci di analizzarla o studiarla e li lascerà liberi di sedersi e – per un paio di minuti alla volta – semplicemente… divertirsi.

Grazie,
Wayne – Aprile 2002

 

Le note di Wayne Coyne su “Yoshimi Battles the Pink Robots”



“Fight Test” – il tema della canzone è il rimpianto del cantante su fatto di aver portato la sua attitudine alla “non violenza” all’estremo – e alla fine della canzone si accorge di aver commesso un errore, e che a volte una persona non ha scelta – per quanto possa essere sgradevole. Arrendersi ad ogni conflitto senza combattere, scopre, è peggio che venire sconfitti.

“One More Robot” – Liberamente basato sulla storia di “Yoshimi battles the pink robots” – il robot è costruito specificatamente per distruggere il suo avversario in un combattimento gladiatorio alla morte. Ma i circuiti di questo robot (un modello 3000-21) hanno la capacità di regire ai cambiamenti con emozioni sintetiche – ed anche se è programmato per ucciderla si innamora di Yoshimi, e alla fine della canzone (la coda triste) il robot ha deciso di lasciarsi uccidere piuttosto che fare del male a Yoshimi…

“Yoshimi Battles The Pink Robots Pt. 1” – Nessuno ha mai battuto i robot. Ma il pubblico ha fiducia che lei potrà farlo.

“Yoshimi Battles The Pink Robots Pt. 2” – Yoshimi combatte il robot e lo uccide – il pubblico la ama – ma lei è sospettosa sul modo in cui è stata in grado di vincere.

“In The Morning Of The Magicians” – questa canzone affronta il delicato equilibrio che costituisce l’amore. E’ un concetto – è reale – cosa è l’amore? Se una persona crede di essere amata, da un’altra persona, oppure da Dio o un animale, o persino da una macchina, allora è amata. Qual è la prova?

“Ego Tripping At The Gates Of Hell” – Affidare la propria felicità solo a specifici momenti nel tempo vuol dire perdere il gusto di quell’incidente cosmico che è la vita in tutti i suoi momenti…

“Are You A Hypnotist?” – Vi è mai stato praticato dell’ipnotismo? O lo praticate a voi stessi??

“It’s Summertime – Throbbing Orange Pallbearers” – Concepita come una canzone di incoraggiamento per la sorella di una ragazza giapponese che si è ammalata improvvisamente ed è morta alla fine del 2000. Ma credo che alla fine sia diventata una canzone di incoraggiamento a me stesso…

“Do You Realize??” – Ogni volta che analizzo la realtà scientifica di ciò che significa vivere sulla Terra – in questa galassia – orbitando intorno al sole – viaggiando nello spazio – rimango paralizzato dal terrore!!! Questi pensieri mi ricordano ancora una volta di quanto precaria sia la nostra esistenza…

“All We Have Is Now” – La storia di un uomo che vede se’ stesso attraverso uno squarcio nel tessuto del tempo e dello spazio. Vede questo vecchio uomo eccentrico, e alla fine si rende conto che non è altri che se stesso che parla da qualche lontano futuro.

“Approaching Pavonis Mons By Balloon – Utopia Planitia” – Concepito come la conclusione di una fantastica avventura, un viaggio notturno sulla città, sereno ed esultante.

 

Manfredi

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