Il Teatro ha perso? Un’indagine senza pretese sul teatro della crisi

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L’11 gennaio del 1960 Luigi Nono scrisse ad Angelo Maria Ripellino: “Ogni tipo di teatro-concezione e realizzazione che conosco mi sembra solo e tipica restaurazione”. Erano gli anni di Intolleranza 1960, un’azione scenica in due parti di Angelo Maria Ripellino, musicata da Luigi Nono, presentata al XXIV Festival Internazionale di Musica Contemporanea di Venezia. Un anno prima Eduardo De Filippo aveva indirizzato una lettera al Paese Sera parlando delle macerie del teatro italiano. Tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60, l’Italia ha vissuto una situazione di crisi come questa per poi riprendersi, successivamente, con buone pratiche, poco dopo disattese, e idee forti, importanti, politicamente d’impatto. Vengono in mente, a caso, nomi come Maurizio Scaparro, Luchino Visconti, Vittorio Gassman ma anche Luca Ronconi, Carmelo Bene, Leo De Berardinis, Perla Peragallo, Antonio Neiwiller, Falso Movimento con Mario Martone, le cantine romane con Mario Ricci e Aldo Trionfo, Magazzini Criminali, la Gaia Scienza e tutta la postavanguardia italiana, l’estro di Paolo Poli.

Uno Stabile, tra mille polemiche e scandali, riusciva comunque ad educare le nuove generazioni al Teatro riuscendo, almeno fino alle soglie del Duemila, a offrire un ventaglio completo e concreto di proposte.
C’è stato, poi, un progressivo processo di impoverimento culturale nel nostro paese dovuto a un conflitto esplicito tra Stato e Teatro, considerato ormai una forma di intrattenimento per pochi e, per questo, trascurato. Il Teatrante ha perso lo sguardo da Bambino ed è diventato impresario di se stesso, ragioniere, strumento di marketing pur di sopravvivere. Ha superato anche il mestiere, è diventato un uomo d’azienda.
Si è perduta la missione principale, che è quella di aiutare una società a crescere e a sensibilizzarsi. Al di là delle questioni burocratiche, dei decreti ministeriali e del FUS, il teatro, in Italia, è diventato sinonimo di intrattenimento, da una parte, e lavoro “customer-oriented”, dall’altra parte, spostando la sua missione storica sulle esigenze del cliente-pubblico.

Perché è accaduto tutto questo? Non sappiamo dare una risposta, è un mondo troppo distante dal nostro. Siamo solo spettatori. Per questo, con la curiosità e l’ingenuità di un bambino, abbiamo chiesto ad attori e compagnie di teatro di partecipare a un’ “indagine” rivolgendo a tutti dieci domande, sempre le stesse. Non abbiamo voluto caricare le domande di ulteriori significati e abbiamo chiesto a tutti di rispondere con la massima libertà.

Siamo un blog senza pretese eppure ci hanno risposto in tanti (da Claudio Morganti a Teatro Magro, per citarne due). Il nostro scopo è quello di capirci qualcosa di più e, per farlo, ci siamo rivolti a chi investe anima e corpo per cercare di riempire quella “fortezza vuota”, citando Massimiliano Civica e Attilio Scarpellini, che è il Teatro.

Le domande sono:

  • Se volessimo cominciare un’analisi della situazione di crisi culturale del teatro italiano, da quali segnali dovremmo partire? Secondo te/voi, la crisi del teatro potrebbe essere la diretta conseguenza di una crisi generazionale, d’identità e di opportunità? Quali sono i tempi e modi del suo sviluppo?
  • Si può affermare che la crisi del teatro possa dipendere anche da una mancanza di idee teatrali forti?
  • Qual è la funzione sociale del teatro oggi? Quali necessità soddisfa?
  • Si può credere a un rinnovamento del teatro o siamo in attesa di un modello culturale che possa scuotere le coscienze?
  • Lo Stato sostiene il teatro in Italia? Se sì, ne beneficiano tutti?
  • Le due misure più estreme ed urgenti da mettere in atto, secondo te/voi.
  • Ha ancora senso mettere in scena i classici? O andrebbero “tolti di scena”? Quanto influisce la scelta politica di un direttore artistico?
  • Si può parlare di “dittatura teatrale” nel mondo delle arti in scena? Se sì, perché?
  • È possibile un “teatro della crisi” in cui artisti, spettatori e critica trovino un punto in comune?
  • Quant’è importante lo spettatore a teatro? Quanto è necessario investire nella formazione di un pubblico consapevole?
  • Extra: Prima di salutarvi, ringraziandovi per la collaborazione, vi chiediamo un’ultima riflessione: qual è la tua/vostra missione teatrale? Come immaginate la situazione culturale e teatrale italiana nei prossimi cinque anni?

Le domande sono state formulate da Nicla Abate, Francesco Bove e Margherita De Blasi e pubblicheremo le interviste ogni lunedì mattina.

 

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