Maze, la materia in movimento del gruppo Unterwasser

Il collettivo di ricerca Unterwasser, composto da Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti e Giulia De Canio, ha portato in scena al TAN di Napoli Maze, una performance live dove le ombre di sculture e di corpi tridimensionali vengono proiettate dal vivo su un grande schermo.
Secondo posto al Premio InBox 2019, Maze è un lavoro completamente artigianale che, senza l’utilizzo di parole, esplora la forza delle immagini e della musica dando la possibilità allo spettatore di interpretare e collegare tutto quel che sta vedendo.

Non c’è, quindi, una trama vera e propria ma il luogo fisico del teatro diventa scrittura di scena che distorce in profondità le percezioni che attraversano la vita. Non c’è una presenza vera e propria sul palco, le tre performer sono sempre di spalle al pubblico e in penombra, e il gesto attoriale travalica i suoi limiti fermentando in altro. Mi viene in mente una lettera di Cristina Campo alla sua amica Matizia in un punto in cui la scrittrice le spiega che la pietra saponaria è un ciottolo cinese che sta sott’acqua ed è ricoperta di una materia morbida come il sapone che, al contatto con l’aria, diventa dura come la giada. Per questo motivo va lavorata sott’acqua.

Ecco, “Maze” è uno spettacolo “unterwasser”, “subacqueo”, lavorato sott’acqua perché, al contatto con l’aria, potrebbe indurirsi e perdere tutta la sua poesia. Lo spettatore, quindi, accompagna le tre performer in questo viaggio mentale per toccare il fondo del mare, col rischio di “ferirsi con coralli taglienti” (e il rischio è davvero dietro l’angolo).
Un teatro che è anche installazione mobile, che sfrutta la tecnica del montaggio cinematografico per creare un tessuto narrativo speciale, evocativo, che non si pone dei limiti linguistici.
Si rimane incantati dinanzi a qualcosa di semplice e profondo, uno spettacolo pieno di poesia e di suggestioni, per certi aspetti crudele, che crea ponti inattesi con le nostre personali dimensioni oniriche.

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