L’uomo di fumo, il candore contro l’assolutismo di Teatro in Fabula

uomo di fumo teatro in fabula

Aniello Mallardo, attore, regista e drammaturgo napoletano, firma la regia de L’uomo di fumo, in scena al Piccolo Bellini di Napoli dal 29 marzo al 3 aprile 2016. Lo spettacolo è prodotto da Teatro in Fabula, collettivo di giovani attori fondato a Napoli nel 2010 con la premessa, vera e propria missione, di fare teatro per chi assiste. Il regista già in passato ha sperimentato il confronto con grandi testi letterari ai quali si è avvicinato puntando su una riscrittura degli stessi e non facendone un mero adattamento teatrale. Questa pièce va a chiudere un breve excursus nella letteratura del primo Novecento, iniziato con Serafino Gubbio operatore  di Luigi Pirandello e Il povero Piero di Achille Campanile.

L’uomo di fumo è ispirato a Il codice di Perelà, romanzo futurista di Aldo Palazzeschi, pubblicato per la prima volta nel 1911. Una riscrittura originale del romanzo, di cui tiene in vita due suoi tratti dominanti: la connotazione di favola allegorica da un lato e l’intervento deus ex machina, o quasi, del candido eroe. Il testo di Palazzeschi si caratterizza per una profonda modernità di stile e linguaggio, incisivo e fortemente grottesco, e ben si presta alla messa in scena teatrale verso cui sembra naturalmente orientato per la struttura complessiva, al confine tra favola e grottesco, tra magia e leggerezza.

Il pubblico viene accolto in sala dal sipario alzato che lascia intravedere tutta la scena, scarna e molto essenziale. Qualche cubo scuro nella parte posteriore. Sedute in terra, molto prossime alla platea, tre misteriose figure, le tre vecchie megere: Pena, Rete e Lama. Impassibili prendono parola col calare del buio in sala. Un vociare confuso seguito pedissequamente dalla torsione dei corpi chiusi nel saio marrone e con il volto coperto da maschere alternano fitti dialoghi a cantilene infantili. In questo andirivieni delle loro voci, le tre decidono di inviare un loro messo sulla terra. Si leva la conclusione solenne, L’espressione più sublime del fuoco è il fumo. Parte una danza rituale e le tre spariscono dietro le quinte lasciando in scena una traccia visibile del loro passaggio. Le tre maschere che prima coprivano il volto ora pendono dal telo bianco posto sul fondo del palcoscenico, quasi a scrutare gli avvenimenti che di lì a poco stanno per compiersi.

Il fumo invade la scena. Il Re, l’Arcivescovo, la Marchesa Oliva di Bellonda e il nobile Zarlino, il gabinetto di Stato del Regno di Torlindao, sono riuniti per discutere l’ordine del giorno: l’emanazione di un nuovo codice che consenta al regno l’uscita dalla grave crisi in cui versa. L’accordo è lungi dall’essere raggiunto. Ognuno di loro rappresenta uno specifico interesse del quale è paladino intransigente, non passibile di alcuna contaminazione: il Re il potere politico ed economico, l’Arcivescovo quello religioso, la Marchesa l’amore e Zarlino l’anarchia dell’arte. Come uscire da questa impasse? L’Uomo di Fumo, Perelà, che giunge dal cielo, leggero nel suo vestito grigio chiaro sembra essere la soluzione a tutti i problemi del Regno di Torlindao. Senza parola alcuna, col suo candore, con la purezza dei gesti di uomo filtrato da ogni umana contaminazione, può restituire l’umanità a una popolazione inoltrata verso lo svuotamento dell’anima.

Acclamato dal popolo, Perelà sembra la soluzione di tutti i mali e non manca tempo che ognuno provi a corrompere il suo candido animo con immagini ammaliatrici di un possibile mondo migliore, lasciando sul suo abito di fumo una traccia, un anello, un bracciale, una cintura, una cravatta. I tempi bui sembrano un vago ricordo e Perelà infonde entusiasmo in tutta la popolazione del Regno, destando non poche preoccupazioni nel Re e nell’Arcivescovo che cominciano a sentire minato il proprio potere. Una morte improvvisa e dolorosa sembra essere l’espediente adatto per scacciare la sua presenza ormai divenuta ingombrante, condannandolo a segregazione cellulare. Ma può un uomo di fumo essere incarcerato?

L’ora o poco più della messa in scena scorre veloce. Come un gioco di scatole cinesi che si aprono e si chiudono, facendo entrare ed uscire oggetti dall’interno e verso di esso, gli attori plasmano la scenografia posizionando i cubi che sono podio di consacrazione di Perelà in una sorta di rito religioso, un giardino, il banco del tribunale che lo giudicherà. Un gioco che cattura l’occhio dello spettatore che viene coinvolto all’interno di questo gioco di scena.

Convincenti tutti gli attori in scena, Giuseppe Cerrone, Melissa Di Genova, Marco Di Prima, Antonio Piccolo e Raffaele Ausiello che anche se chiuso nell’assenza di parola del protagonista è ricco di spessore ed ironia. Attori in scena che sdoganano uno dei tabù più radicati del teatro vestendo abiti di lattice con varie sfumature di viola, talvolta accentuate, talvolta celate da un disegno luci che come il fumo avvolge e svela l’azione in scena. Una regia pulita che segue senza stancare tutto il movimento degli attori di cui mette in evidenza ogni tratto caratteristico, oltre a marcare con sapienza le diverse tensioni di fondo della rappresentazione: ricchezza politica ed economica versus cultura dogmatica, potere maschile versus richiesta di potere femminile, arte versus assolutismo. Un bel debutto, sicuramente un lavoro che merita di essere visto.

 

Info

 

Teatro Piccolo Bellini di Napoli

via Conte di Ruvo, 14

081 5499688 – botteghino@teatrobellini,it

Orari: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato ore 21:15, domenica ore 18:30

Prezzi: intero 15€, ridotto 10€, ridotto titolari card Politeatro under 30 6€

 

 

 

 

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