La voce in una foresta di immagini invisibili

Chiara-Guidi

Chiara Guidi narra per la prima volta ne “La voce in una foresta di immagini invisibili” (Nottetempo, 2017) la ricerca personale sulla voce in una descrizione che comprende gli elementi atemporali e archetipici dello strumento vocale. Una ricerca, la sua, in cui la voce assume forme drammaturgiche complesse divenendo un elemento fondamentale della scena. La Guidi si immerge completamente nel mistero fonetico, nel segno, tracciato – come è possibile vedere dalle foto contenute nel libro – sulla partitura scenica fino ad un’indagine capillare sul suono gestito attraverso la “tecnica molecolare”, basata sull’imitazione di tutto ciò che l’orecchio umano può sentire e captare.

Ebbene il centro della scena è la voce drammaturgica, che traccia un percorso, basandosi su un’accezione materica ma, soprattutto, sostenuta da un’autentica forza che è anche alla base dell’esperienza del teatro. Un lavoro, coltivato in più di trent’anni, compatto, fedele ad una poetica, tracciata sin dagli esordi dalla Societas Raffaello Sanzio, che inventava una lingua, la Generalissima, parodistica e segreta e che, di volta in volta, diveniva sempre più intrepida. Chiara Guidi racconta che, con la voce, riusciva a raggiungere posizioni impossibili del diaframma e della gola al punto da farla sanguinare per trovare il suono di Polpot, come accade in “Santa Sofia. Teatro Khmer” del 1986.

In “Amleto, la veemente esteriorità della morte di un mollusco” del 1992 Amleto, completamente privo di parole, comunica solo attraverso la sua voce, persa tra versi, rumori e gemiti. L’apparato fonatorio, quindi, diventa strumento da utilizzare pienamente, l’atto linguistico si disarticola ponendosi prima del prologo. Nel “Giulio Cesare”, ripescato da Romeo Castellucci dopo vent’anni, la ricerca vocale viene portata ancora più all’estremo: grazie ad un sondino endoscopico introdotto nella profondità della gola, lo spettatore può vedere muoversi le corde vocali dell’attore, le parole sono svuotate di senso e sono solo suono (nonostante la precisione filologica del “Giulio Cesare”). Possiamo vedere l’origine della voce, il dentro dell’attore e il suo corpo vibrare alle parole di Shakespeare.

Con Scott Gibbons, invece, Chiara Guidi comincia una collaborazione, a partire dal 1999, in cui iniziano a lavorare sulla scomposizione del suono all’interno di una partitura musicale dove la voce entra a far parte di una sinfonia naturale e complessa. Inutile aggiungere altro e togliere al lettore il gusto di sfogliare le pagine de “La voce in una foresta di immagini invisibili” in cui sarà possibile immergersi all’interno di una ricerca fatta con umanità e talento, in cui ognuna delle sue componenti viene scomposta fino all’inverosimile per essere analizzata nel profondo. Le trame visive, elaborate e studiate da Chiara Guidi, sono sperimentazioni uniche nel panorama italiano e nascono con la volontà di osservare i diversi gradi della comunicazione verbale fino ad arrivare all’origine dei suoni. Un metodo, il suo, che rende lo spettatore osservatore privilegiato di un luogo che restituisce sempre la sonorità di un testo e il senso primitivo della realtà e dell’immaginazione.

Chiara Guidi
La voce in una foresta di immagini invisibili
pagine: 80 – 23×25
Nottetempo
€ 20

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