I tiranni nell’Antica Grecia

I contadini che nell’esercito oplitico erano chiamati per la prima volta a difendere la polis, gli artigiani, che avevano raggiunto una relativa indipendenza economica, i mercanti, che avevano accumulato grosse ricchezze, cominciarono presto a reclamare una parte di potere, a pretendere che il loro ruolo sociale e militare avesse finalmente un adeguato riconoscimento politico.La classe sociale che detiene il potere non lo cede facilmente, anzi è disposta a ricorrere alla violenza per difendere i propri privilegi. Nelle poleis più ricche, vicino all’istmo di Corinto, la tensione politica trovò uno sbocco naturale. Il nobile Cypselus era stato escluso dal governo di Corinto malgrado la sua abilità e la sua grande ambizione. Egli raccolse una forza militare composta da cittadini scontenti dell’oligarchia e nel 657 a.C. sconfisse i nobili al potere e li mandò in esilio. Preso il controllo del governo cominciò a prendere dei provvedimenti a favore delle categorie sociali che lo avevano sostenuto. Buoni o cattivi che fossero i suoi motivi, un uomo che prendeva il potere in maniera non costituzionale venne definito tiranno dai Greci.

Tra il VII e il VI secolo a Corinto, a Mileto, Efeso, Samo, Megara, Sicione, Atene, i governi aristocratici caddero e il nobile che aveva guidato le masse alla vittoria, sull’onda dell’entusiasmo popolare s’impadronì del potere.

Il tiranno sapeva che i suoi peggiori nemici erano i membri dell’aristocrazia, che non si sarebbero mai rassegnati alla perdita dei loro privilegi. Una volta salito al potere, la sua preoccupazione principale era quella di mettersi al sicuro dalla loro vendetta. Per questo Cipselo di Corinto, ome abbiamo visto, confiscò le terre degli aristocratici e le distribuì al popolo. Per quelli di loro che scamparono alla morte l’unica salvezza fu l’esilio.

Pace e prestigio

I tiranni promossero quasi ovunque una politica popolare, favorendo lo sviluppo della piccola proprietà e cercando di ricondurre i nullatenenti al lavoro dei campi.
Per piacere alle masse essi seguivano anche una politica di grande prestigio: innalzavano templi agli dei, offrivano loro splendidi doni, celebravano giochi e feste con grande sfarzo, si circondavano di artisti, facevano costruire strade e acquedotti.

Molte grandi opere si devono ai tiranni: Periandro fece costruire una rotaia lunga diversi chilometri, che consentiva di trainare le navi attraverso l’istmo di Corinto, Policrate di Samo un imponente sistema di canali, i figli di Pisistrato l’Olympieion, uno dei più maestosi templi ateniesi.
Per non compromettere la loro posizione in imprese rischiose, quasi tutti evitarono, nei limiti del possibile, di intraprendere guerre. All’espansione militare preferirono la fondazione di nuove colonie, alle soluzioni di forza quelle diplomatiche. Consci di essere legati da un unico destino, strinsero reciprocamente rapporti per mezzo di matrimoni e nei momenti di difficoltà si aiutarono a vicenda.

La caduta dei tiranni

Politica di prestigio, cautela nelle relazioni con gli altri stati, spirito di reciproca solidarietà, non erano però altro che la facciata di una posizione sostanzialmente incerta e precaria. Protetto giorno e notte dalle guardie del corpo, il tiranno viveva isolato nella sua roccaforte, nel costante timore di perdere il potere. Il suo governo in effetti si basava su una contraddizione di fondo. Il popolo, vero artefice del suo successo, continuava a essere escluso dalla guida dello Stato; il potere d’altra parte era accentrato nelle mani di un individuo che l’aveva ottenuto illegalmente e in circostanze eccezionali.

I tiranni tentarono di rendere ereditaria la loro carica, ma nessuno riuscì a trasmetterla oltre la terza generazione. Le qualità di coraggio e intelligenza che avevano permesso al tiranno d’impadronirsi dello Stato non si ricreavano necessariamente nei suoi figli. E se il popolo era disposto a sopportare un despota di grandi capacità, lo era molto meno a tollerarne uno inetto. Altri motivi della loro caduta furono, per uno strano gioco del destino, proprio quei risultati positivi che essi erano riusciti a ottenere: spezzato lo strapotere degli aristocratici, ripartita su basi più giuste la ricchezza, avviato lo sviluppo economico della comunità, venivano meno le circostanze eccezionali e drammatiche dalle quali era sorto quel potere straordinario. Il popolo si sentiva ormai pronto a governare la sua polis.

I tiranni di Atene

Solone e Pisistrato . Atene ha evitato la tirannia per molti anni, in primo luogo dandosi un codice scritto di leggi nel 620 a.C. ed in secondo luogo, nominando un arconte speciale nel 594 a.C. per provare a risolvere le controversie continue tra gli aristocratici ed i cittadini comuni.

L’arconte era Solone, uno dei famosi sette saggi della Grecia. Solone creò riforme e cambiamenti economici, scrive un nuovo codice di leggi, allevia il debito dei piccoli proprietari terrieri e viene incontro anche alle esigenze dei più poveri tra i cittadini. La riforma di Solone doveva abolire la pratica di vendere i debitori in schiavitù. Prima quando i coltivatori poveri avevano uno o due raccolti cattivi erano costretti a prendere a prestito il grano per la semina dando in garanzia il possesso della propria persona: se anche il raccolto seguente era insufficiente potevano essere venduti come schiavi allo scopo di recuperare il credito.

Le riforme politiche del Solone erano un punto importante sulla strada alla democrazia. La riforma più significativa era che tutti gli uomini ricchi, aristocratici o no, potevano ambire alle cariche più alte dello stato: da quel momento in poi essere nobili non sarebbe stata più l’unica qualifica per ottenere un alto ufficio politico.

Solone generò una nuova istituzione, il Consiglio di quattrocento, scelti annualmente. Questo consiglio era formato da 100 cittadini da ciascuna delle 4 tribù tradizionali di Atene. Questa istituzione serviva a preparare le proposte di legge da presentare all’Assemblea per il voto. Il Consiglio dei 400 fungeva anche da Corte d’Appello contro i giudizi degli arconti.

L’uomo che finalmente divenne tiranno di Atene fu Pisistrato. Era un nobile ambizioso, famoso per la sua carriera militare e tentò tre volte di diventare tiranno. Il suo primo tentativo avvenne nel 561 a.C., il secondo, nel 550, ed il terzo in 546.
Governò saggiamente fino alla sua morte nel 527 a.C. e gli successe il figlio Ippia.
Ippia ad un certo punto perse l’appoggio popolare. Ad abbattere la tirannia fu una rivolta di aristocratici appoggiati dall’esercito spartano.

Gli aristocratici dopo la vittoria tentarono un impossibile ritorno al passato: dopo due anni di guerra civile furono gettate le basi della futura democrazia ateniese.

Manfredi

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