Gaetano Colella: essere autori oggi

Gaetano Colella

Gaetano Colella è attore e autore di teatro. Dal 2009 è direttore artistico insieme a Clara Cottino del Teatro CREST, compagnia che abita il Teatro Tatà di Taranto, residenza teatrale del progetto Teatri Abitati della Regione Puglia. Vincitore del Premio Scenario 2005 con lo spettacolo Il Deficiente di cui è autore, regista e interprete, Gaetano è drammaturgo e attore anche degli spettacoli prodotti dal Crest Popeye srlSonniloqui, Capatosta – spettacolo vincitore del bando Storie di Lavoro 2015. Oltre ai suoi spettacoli lavora anche con altri registi della scena nazionale: Elena Bucci e Marco Sgrosso, coi quali è vivo un sodalizio da circa quindici anni; ha fatto da assistente alla regia a diversi spettacoli del duo Bucci-Sgrosso, uno fra tutti “Le smanie per la villeggiatura, vincitore del PREMIO OLIMPICO DEL TEATRO – ETI 2007. Come attore invece ha lavorato nel Macbeth (2005) di Shakespeare, in Santa Giovanna dei macelli (2008) di Brecht, ne La locandiera (2009) di Goldoni, Svenimenti (2014) da Cechov e La morte e la fanciulla (2015) da Ariel Dorfman. Ha lavorato inoltre con Valter Malosti (Il giardino dei ciliegi, 2016) Emma Dante (Medea, 2005), Claudio Morganti (Riccardo III, 2002), Mauro Maggioni (Le rose di Franz, 2003).

Cosa vuol dire essere un autore oggi? Da cosa è nato il desiderio di fare questo mestiere?
Devo fare subito una doverosa precisazione. Sebbene io abbia scritto alcune opere teatrali e con alcune di queste sia riuscito anche ad ottenere dei riconoscimenti, non mi ritengo ancora un autore. Devo, per onestà intellettuale, precisare da subito che il mio mestiere è quello dell’attore. Un attore-creatore, che dal suo corpo comincia a scrivere e che della tecnica dell’improvvisazione fa tesoro per produrre testo. Ma questo non mi consente di dirmi autore, anche per rispetto nei confronti di chi ha studiato per diventarlo, o per rispetto di chi patisce le sofferenze di questo mestiere cane che in Italia non gode di nessuna stima e di nessuna gratificazione, soprattutto economica. Pertanto non tenterò di eludere le domande, ma ritenevo doveroso precisare. Torno alla domanda. Essere autore oggi significa avere veramente qualcosa da dire. Offrire un punto di vista inedito (e non necessariamente originale), uno sguardo o meglio ancora una visione. E questo, come tutte le cose banali, molto spesso è complicato. Io ho iniziato a scrivere da subito, perché sono un attore creatore, il mio stare in scena è spesso un atto creativo e non meramente interpretativo. Chiaramente il percorso si nutre di fasi diverse, dal palco al testo, dal testo al palco, in un continuo palleggio fra l’una e l’altra dimensione. Le prove sono anche drammaturgia, continuo modellamento del testo.

Come si diventa autori?
Studiando. Non c’è altra risposta a questa domanda. Anche quando quello dello scrivere sia un dono, un talento, è necessario studiare affinché si affinino e si perfezionino le capacità. E’ opportuno cercare dei buoni maestri. E, in secondo luogo, esercitarsi continuamente.

Quali sono i suoi punti di riferimento autoriali?
Non ho dei punti di riferimento, ma certamente esistono delle figure che hanno influenzato il mio percorso. Penso a Leo De Berardinis, ad esempio, e alla sua capacità di essere attore-autore e regista; ma apprezzo molto anche altri autori contemporanei, su tutti Mimmo Borrelli. In generale apprezzo molto quegli autori che cercano di sperimentare il linguaggio, salvando però la relazione col pubblico, perché spesso a fare le spese della cosiddetta ‘ricerca’ è sempre il pubblico e l’emozione che ci tiene legati ad esso, elemento base del teatro.

Che rapporto ha con i registi? Come reagisci ai loro suggerimenti?
Finora ho lavorato solo con un regista diverso da me, riguardo ai miei testi. Enrico Messina che ha diretto ‘Capatosta’. Il mio rapporto con lui è stato eccezionale, perché oltre ad essersi creata una meravigliosa intesa, è stato in grado di migliorare il mio testo intervenendo, a volte anche decisamente, sulla struttura drammaturgica. In generale, forse grazie alla bella alchimia creatasi fra di noi, abbiamo sempre trovato la strada giusta senza nessuna tensione, in un rapporto di reciproca stima e fiducia.

Che rapporto ha con le altre figure della creazione teatrale?
Dipende di quali figure parliamo. Con gli attori, in generale, riesco ad intendermi quasi sempre bene. Essendo anche io della stessa pasta, diciamo così, riesco anche a prevedere i rischi e le difficoltà del mestiere. Più complesso è relazionarsi con chi cura gli altri reparti, soprattutto se non si ha una conoscenza reciproca collaudata negli anni.

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