L’estate di Kikujiro, il film più lirico di Takeshi Kitano

A due anni di distanza dalla realizzazione di Hana-Bi, il capolavoro con cui Takeshi Kitano ha conquistato il pubblico, la critica ed il Leone d’Oro del Festival di Venezia 1997, esce L’Estate Di Kikujiro e, nuovamente, cinema e arte si fondono e confondono armonicamente in un perfetto connubio. E’ il trionfo della poesia. E’ la conferma di uno straordinario talento. Non che ce ne fosse stato il bisogno. L’intera filmografia di Kitano (da Violent Cop del 1989 a Sonatine del 1993, da Getting Any? del 1994 a Kids Return del 1996) ci ha consegnato il profilo di uno tra i più importanti ed innovativi cineasti di questo decennio. La grande espressività artistica dell’autore vive nella sua pronunciata iconoclastia, nel suo gergo crudo e raggelante, nella sua pungente ironia. Caratteristiche idealtipiche di uno stile registico cangiante ed essenziale. Un eclettismo che è palpabile in Kikujiro, opera a cui Cannes non ha conferito il giusto tributo.
Indubbiamente più vicino al registro lirico e riflessivo di A Scene At The Sea piuttosto che a quello più violento ed incalzante di Hana-Bi, il nuovo film di Kitano stupisce soprattutto per la sensibilità e delicatezza con cui viene carpita l’essenza più profonda di valori quali l’amicizia e l’amore. Sentimenti colti nella loro genuinità dinanzi l’onnipresente e quanto mai stilizzata violenza della realtà. Non più hana e bi, fiore e fuoco, vita e morte ma piuttosto innocenza e disincanto, purezza ed ingenuità, fragilità e brutalità. Contrasti che si consumano nella vicenda dei due protagonisti, dapprima analizzati singolarmente quasi si procedesse ad una loro “vivisezione” introspettiva e quindi risintetizzati ad un livello superiore in un unico corpo “inorganico”.

E’ estate. Masao (Yusuke Sekiguchi) è un bambino di nove anni che non ha nessuno con cui giocare. Vive a casa della nonna e non conosce i suoi genitori. Casualmente trova in un cassetto una foto della madre e , con pochi soldi in tasca, decide di mettersi in viaggio nella speranza di poterla rivedere. Kikujiro (Beat Takeshi), alter-ego del rude, irresponsabile e violento Azuma di Violent Cop, viene incaricato dalla moglie di accompagnare il piccolo. La strana coppia incontrerà lungo la propria strada i personaggi più bizzarri e stravaganti: due motociclisti metallari e mammoni, un vagabondo nudista, gli uomini di un boss della malavita…
Masao vivrà un’estate indimenticabile: conoscerà la gioia e la sofferenza ma soprattutto saprà di avere un nuovo grande amico con cui ridere e scherzare.

Dolce e commovente, delicato e divertente, L’Estate Di Kikujiro è una pellicola intimamente segnata da un lessico essenziale e dalla costante propensione dell’artista a ricercare una continua sperimentazione nella scelta delle immagini. La ridondanza delle tecniche di ripresa si legge tanto nella sostanziale ciclicità delle scene proposte, quanto nell’attento ed accurato impiego di inquadrature quasi sempre frontali.
Interessante, infine, notare anche la capillare attenzione mostrata per l’illuminazione e rinvenibile, ad asempio, nell’innovativo utilizzo del “bruciante verde estivo”. Come dire che ancora una volta la collaborazione tra Kitano ed il direttore della fotografia Yanagishima ha sortito i suoi più proficui effetti.

Articolo di Fabrizio Marchetti (reVision)

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