Dr Nest, la poesia dei Familie Floz racconta il cervello e l’animo umano

Foto di Valeria Tomasulo

A due anni da Teatro Delusio, spettacolo in cui i Familie Floz raccontavano il mondo del teatro, il gruppo berlinese sposta l’attenzione su una casa di cura e sulla sensibilità di Dottor Nest che, dopo una notte travagliata di treno, si ritrova nel sanatorio di “Villa Blanca”, situato ai margini del mondo iperconnesso. Qui si trova letteralmente catapultato in una situazione che non riesce a comprendere fino in fondo. Perché sono qui? Che cosa mi sta succedendo?, sembra chiedersi, ma noi, dalla platea, riusciamo solo a vedere quel “nest”, quel nido fatto di pareti ostili, costruito attorno a medici e pazienti, senza avere la possibilità di decifrare la misteriosa cartografia del cervello del dottore. Di tanto in tanto, dei flashback fanno venire fuori alcuni momenti della sua vita ma, da medico empatico, Nest prova a non inseguire i suoi demoni e a creare, invece, un rapporto con i suoi pazienti, ad accendere alcune stanze del loro cervello e ad interpretare gli stati confusionali e le loro paure.

La drammaturgia dei Familie Flöz, con Dr Nest, fa un piccolo salto in avanti, diviene più poetica ed elaborata senza rinunciare all’elemento comico che, da sempre, caratterizza i loro lavori rendendoli adatti a tutti. Sono cinque in scena, tutti bravissimi (Anna Kistel, Björn Leese, Benjamin Reber, Hajo Schüler, Mats Suethoff), ma danno vita a tantissimii personaggi indossando maschere fatte con cinque strati di cartapesta e lattice. Non c’è testo ma un apparato drammaturgico scritto dal corpo dei performer, che dà anche espressività alle maschere, ed è un elemento fondamentale del loro processo creativo. In più, gli irriducibili della compagnia troveranno in scena, per la prima volta, ben due strumenti musicali, il theremin e il pianoforte, che sottolineeranno alcuni momenti dello spettacolo.

Le scene mobili, inquietanti e opprimenti, sono di Rotes Pferd e si stringono e si allargano simbolicamente attorno a medici e pazienti. L’unico collegamento con la vastità del mondo esterno è una vetrata che dà su un cielo pulito, pieno di uccelli in libertà, su cui ogni tanto si posa lo sguardo di Dr. Nest. Oltre i cancelli dell’ospedale psichiatrico, infatti, non c’è il rumore metallico delle porte che si chiudono né il buio asfissiante delle stanze. Eppure c’è un mondo ostile, qui nascosto ma che in Haydi!, del 2015, veniva fuori, che funge da ostacolo alle relazioni umane. Allora da cosa dobbiamo ripartire? Bastano un abbraccio, i legami tra le persone oppure l’arte per rifondare la nostra società e restare umani.

Visto al Teatro Bellini di Napoli il 6 dicembre 2019

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