Donnie Darko, il film che guardò agli anni 80 prima di Stranger Things

D’altronde, capisco quanto possa piacerti quest’idea che mostri e fantasmi siano ordinari abitanti del tuo mondo, esseri concreti non più relegati in spazi-tempo remoti e inoffensivi. Capisco quanto ami questo stile a metà tra parodia e omaggio allucinato, che rivisita il tuo passato prossimo e il cinema che l’ha plagiato; e lo fa nello spirito con cui si profana un castello ieri onorato, oggi cadente e maledetto. Gli anni ’80 come museo degli orrori.
Riconosci allora (come in uno specchio distorto, come un incubo di cui hai il coraggio di ridere solo oggi) i paradossi cronologici di Ritorno al Futuro (Donnie versione nichilista di Marty McFly), la scuola di Nightmare e Twin Peaks (e oggi di Elephant), le gare di ballo con strage finale di Carrie, l’adolescenza cristallizzata di Patrick Swayze, l’Halloween di E.T. (quel viaggio notturno in bicicletta che pare uno Spielberg improvvisamente incupito e sgomento), Drew Barrymore che strillò terrorizzata dinanzi al piccolo alieno e che ora è la professoressa di un nuovo visionario Elliott… Ma dove il ricalco ti sembra veramente beffardo è nel finale, con il viaggio indietro nel tempo per resuscitare la fidanzatina, innestato pari pari da Superman. O in quel ballo sexy delle ragazzine sulle note di “Notorious” dei Duran Duran, raggelante, hitchcockiana danza macabra sulla tomba degli anni ’80 come mai si era visto al cinema (uno sguardo spettrale sul modernariato che era anche quello di un film – diversissimo? – come Buongiorno, Notte). E tra queste rovine, individui anche due reperti di epoca classica: l’amico coniglio invisibile, preso da Harvey di Henry Koster (1950) con uno straordinario James Stewart; e gli incorporei “serpentoni” (magnifica variante degli ultracorpi di Siegel) che sgorgano dal nostro ventre e ci dirigono in ogni agire.

Per dirla con Jean-Luc e François, Richard sa di cosa parla, perché conosce bene te e i tuoi simili, perché è stato uno di voi, e spesso è andato al cinema con voi. Guardi Donnie Darko e riconosci quell’impasto impulsivo di trovate geniali, di stereotipi senza vergogna, di non-raffinatezza della forma, di vaga imprecisione, di assoluta rinuncia al patetismo, che oggi bastano a connotarsi come “cinema indipendente”, a comunicare all’homo televisivus un senso sottocutaneo di “stranezza” e inquietudine. Rispetto alla cura, all’opulenza piatta del prodotto medio hollywoodiano (ma in fondo anche italiano: vedi Ozpetek o Tornatore), alla levigatezza controllata di recitazione montaggio dialoghi effetti sonori e visivi, l’inventiva ricca e ruvida di Donnie Darko, la sua fotografia povera, il passo narrativo sonnolento come il suo protagonista, ti sembrano davvero di un altro pianeta. Il pianeta di Roger Corman, di Carpenter, Cronenberg, Lynch; o anche di Gregg Araki, le cui commedie giovanilistico-metafisico-esistenziali-fanta-horror-musicali sono forse ciò che più si avvicina a questo bizzarro ibrido.
In ogni caso, del nostro Donnie Darko ti affascina il suo essere un oggetto volante non identificato che precipita nel lindo villaggio del cinema contemporaneo. Ti colpisce il suo pessimismo per le cose accadute e che continuano a riaccadere senza che nulla realmente cambi. E ti fa riflettere il suo incerto provenire da un nebuloso 1988-2001-2004, dove i Duran Duran sono in hit parade, dove gli studenti seminano morte nelle scuole, dove gli aerei sono bombe volanti, dove Bush batte quella faccia di pietra di Dukakis, dove Bush batte quella faccia di pietra di Kerry.

Articolo di Dante Albanesi (reVision)

Manfredi

Manfredi recupera e raccoglie gli articoli scomparsi dal web, reputati dalla redazione di alta qualità, per una ricerca sulla reale efficacia degli stessi contenuti, non modificati, nel web 2.0. Saranno posti in coda all'articolo sia il nome dell'autore che della rivista e gli articoli potranno essere rimossi in caso di segnalazione.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *