Cantico dei Cantici, Roberto Latini riscrive il sacro in chiave punk

Fortebraccio Teatro, IL CANTICO DEI CANTICI 2 ©Angelo Maggio

La terza edizione di Mutaverso Teatro, diretta da Vincenzo Albano di Erre Teatro, si apre con uno spettacolo interessante e spiazzante, il Cantico dei Cantici di Roberto Latini, premiato con due premi UBU (Miglior progetto sonoro e Miglior attore o performer).

Si entra in sala a sipario aperto, c’è una panchina su cui è steso l’attore e, dietro, una consolle radio. L’uomo sembra Cheyenne, la rock star di “This must be the place”, ed è un dj con cuffie al collo e parrucca nera che declama, al microfono, le parole d’amore bellissime del Cantico. Le note di “Every you every me” dei Placebo anticipano il flusso sensuale e armonioso del testo, Latini incarna l’uomo e la donna con la sua figura androgina e incide, sulla scena, con la sua voce e il suo corpo, i tantissimi dettagli del Cantico dei Cantici in un viaggio che culmina in un travolgente crescendo finale.

Ora, tolta l’emozione nell’ascoltare Roberto Latini, l’operazione teatrale che propone è ben lontana da I giganti della montagna dove lo straordinario lavoro vocale è funzionale al testo e, come ebbi modo di scrivere, “affonda nelle ferite dei personaggi e prende corpo nella scrittura pirandelliana”. “Cantico dei cantici” è un radiodramma in cui Latini prova ad inserirsi – a mio avviso, talvolta, anche con una buona dose di sberleffo – nel solco dei grandi attori italiani, enfatici, dalla voce musicale come Carmelo Bene e Vittorio Gassman. Ci riesce ma fallisce nella regia, brutta, raffazzonata, con pochi movimenti scenici ripetuti, inutili e scontati.

Inoltre, prova a tradurre e a tradire il testo fino a dargli un’anima punk, sfiorando il banale e l’imbarazzante sia con “A far l’amore comincia tu” di Raffaella Carrà (versione di Bob Sinclair) che nelle ripetute imitazioni di amplessi con gli oggetti di scena. Però, è solo col climax finale che l’attore conquista tutti, anche il sottoscritto, facendo rientrare lo spettacolo tra i case studies di marketing del teatro, anche se con scelte un po’ di maniera. Per sua fortuna Latini convince la giuria degli UBU, il cuore dello spettatore medio, del radical chic d’ordinanza e la penna del critico. Fino a ieri aveva convinto anche me ma, per fortuna, “la notte porta consiglio” e mi ha permesso di sciogliere i fili di questa furbissima matassa. Resta, però, il piacere di aver preso parte al debutto di una rassegna importante e intelligente.

 

Visto all’Auditorium Centro Sociale di Salerno il 19 gennaio 2018 nell’ambito di Mutaverso Teatro (III edizione)

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