Candide o la presa in giro dell’ottimismo di Ravenhill e Arcuri

Candide regia di Fabrizio Arcuri da sinistra Filippo Nigro,Francesca Mazza e Lucia Mascino

Candide, trasposizione teatrale di Mark Ravenhill dell’omonimo testo di Voltaire scritto nel 1759, è in scena al Teatro Mercadante di Napoli dal 15 al 20 marzo 2016 per la regia di Fabrizio Arcuri, fondatore dell’Accademia degli Artefatti e co-direttore del Teatro della Tosse di Genova fino al 2015.

Cinque capitoli, cinque viaggi del protagonista attraverso il tempo, dal Settecento fino ai nostri giorni per poi approdare in un molto probabile futuro. Un grande gioco scenico che vede gli attori impegnati in molteplici generi interpretativi che gradualmente rendono Candide un simbolo di quella che Ravenhill ha individuato come malattia della cultura occidentale, l’ottimismo. Un meccanismo quello dell’autore inglese che progressivamente mette in ridicolo le certezze su cui si fonda il mondo contemporaneo esplorato e sviscerato con tono irriverente e spietato ma anche profondamente ironico.

Candide è il viaggio per eccellenza. È il viaggio che muove dalla convinzione forgiata nell’animo di questo giovane che ha ricevuto dalla natura i più dolci costumi. È il viaggio che prende le mosse dal motore sacro dell’ottimismo, dalla convinzione, talvolta reale, talvolta forzata, che tutto andrà a finire bene. Non solo parole, ma una persuasione così profonda che anche laddove è artefatta, fittizia, appare credibile.

Cinque viaggi, nel tempo, nello spazio e due storie di vita speculari. Cinque quadri apparentemente slegati ma intrinsecamente uniti che sono il racconto di Candide, della sua vita, delle sue peripezie, delle sue numerose sventure. Ma sono anche il racconto dell’attualità di un pensiero che oggi apre un varco attraverso il muro dell’ ipocrisia, della banale convinzione che la cura del proprio orticello a discapito del benessere della collettività possa bastare, senza ma e senza perché.

Candide, vita di un giovane ottimista è il primo. Vestfalia, 1755. Giovane, innamorato alla ricerca della sua bella Cunegonde, Candide viene accolto da una baronessa nel proprio castello. Segretamente innamorata decide di trattenerlo facendolo assistere ad una commedia che non è altro che la sua vita messa in scena da un gruppo di attori più o meno improvvisati sulla falsariga di un copione/diario che gli è stato sottratto da sotto il suo cuscino. Il giovane assiste alla narrazione degli eventi della sua vita, mescolando realtà e prova attoriale, ed incontrando tutti i personaggi a lui più prossimi: il dottor Pangloss, precettore che lo ha educato secondo una rigida disciplina improntata all’ottimismo, la sua amata Cunegonde e l’incontro furtivo con lei, costatogli la cacciata dal castello Thunder-ten-tronckh, il migliore dei castelli possibili, perché scoperti nel momento clou dal barone. Ma la messa in scena non vale la sua forzata permanenza e Candide decide di cambiare la storia scegliendo di ritrovare la sua perduta amata.

Secondo quadro. Europa, anni 2000. In un’anonima stanza d’albergo si festeggiano i diciotto anni di Sophie. Tutti festeggiano eccetto lei. L’inizio dell’età adulta di questa ragazza, definita da sua madre uno scherzo della natura, un vero mistero, è segnato da un’atroce tragedia: Sophie mette fine al suo mutismo perpetuo rinfacciando alla sua famiglia di aver contaminato in maniera irreversibile il mondo che era stato loro donato, mossi unicamente dal perseguimento dell’interesse personale, innescando una catena di piccole catastrofi che sommate tra loro hanno generato in lei la convinzione che sia giusto eliminare la razza umana, a cominciare dalla sua famiglia. Nella pulizia pianificata di quello che tutti credevano essere il migliore dei mondi possibile l’unica superstite è sua madre, Sarah.

Terzo quadro. Europa, qualche anno dopo. Sarah è in cura da una terapista narrativa che l’aiuta, modellandola a suo piacimento, a superare il bagno di sangue da cui è riuscita a salvarsi. La pubblicazione del libro della sua storia le vale la chiamata da parte di un regista, vuole farne un film. L’occasione diventa momento di un gioco di forze multiple: la terapista che vorrebbe dirigere la scrittura del film e Sarah stessa, lo sceneggiatore che vorrebbe una sceneggiatura tra il pop e lo splatter, il regista che vorrebbe una storia vera, e su tutti Sarah, che mossa dalla volontà di stare solo con persone che hanno veramente sofferto non perde tempo a subire il fascino della situazione tagliando progressivamente fuori prima la dottoressa e poi lo sceneggiatore.

Quarto quadro. Eldorado, Settecento. Nella ricerca della sua Cunegonde, Candide arriva in una Eldorado precapitalista, precivile dove tutto è semplice e pacifico. Potrebbe essere il migliore dei mondi possibili. Ma non per Candide, che riprende la sua corsa in sella ad una pecora volante.

Quinto quadro. Futuro non definito. Il dottor Pangloss è il magnate dell’industria farmaceutica che ha isolato il gene dell’ottimismo rendendo possibile la creazione artificiosa di un mondo di ottimisti. Candide settecentesco, Sarah, Cunegonde invecchiata di quattrocento anni ed avvolta in una bandiera dell’Europa s’incontrano in questo futuro dominato da una nuova fase del pensiero postoccidentale, il trattamento medico del pessimismo. Ognuno col proprio prezzo da pagare, animati da una posticcia verità, incastrati nell’impossibilità di essere ancora vivi.

Nella rivisitazione di Mark Ravenhill il testo originario di Voltaire permane come canovaccio, struttura edificabile passibile di visioni ulteriori. La regia di Fabrizio Arcuri parte da questo assunto. Una scelta di sostanza, a cominciare da un nutrito cast, undici attori, passando per una regia luci che parte dal palcoscenico ed invade fisicamente la sala, fino alle scenografie, mutevoli e imponenti nonostante le restrizioni sceniche. Ed un testo che consente una riformulazione, caratteristica fondamentale del lavoro teatrale secondo Arcuri, un confronto che consente l’attribuzione di una legittimità all’attore in scena. Candide, infatti, è un simbolo dell’ideologia occidentale che insegue l’ottimismo senza mezzi termini nonostante attorno tutto crolli. La scelta di portare in scena la rivisitazione di Ravenhill è proprio qui: un autore contemporaneo che parla in maniera diretta al pubblico, senza filtri, e che può rispecchiarsi nella pièce riflettendo sulla sua condizione. il pensiero di Candide ben si si presta a quest’opera, risultando essere molto attuale a distanza di duecentocinquanta anni ma anche privo di didascalie, quindi passibile di libertà di trasposizioni. Come le due storie della rappresentazione, Candide e Sarah, l’una la trasposizione dell’altro, lo specchio che si riflette nel tempo.  Personaggi originari a cui si aggiungono dei nuovi che sono lo specchio dei primi.

Un’impalcatura complessa, oltre che abbastanza lunga, circa due ore e mezza, non sempre immediatamente percettibile e che nell’incedere dei cinque viaggi nel tempo si perde confondendo il pubblico in merito al messaggio iniziale. Bravi tutti gli attori in scena, calzanti nei tempi dei fitti dialoghi con una menzione d’onore per Luciano Virgilio che nel quarto quadro diventa la voce di Voltaire. Meravigliosi gli intermezzi musicali e canori di H.E.R. Manca probabilmente una sintesi finale, qualcosa che riesca, dopo la presa di coscienza da parte del pubblico in merito alla propria condizione, a scuotere, ad andare oltre. Forse perché c’è troppo in scena, e la coscienza dopo un po’ ne resta sepolta.

Candide

di Mark Ravenhill
ispirato a Voltaire
traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri
con Filippo Nigro, Lucia Mascino, Francesca Mazza, Francesco Villano, Matteo Angius, Federica Zacchia
e con Domenico Florio, Lorenzo Frediani, Giuseppe Sconditti, Francesca Zerilli
e la partecipazione straordinaria di Luciano Virgilio

musiche H.E.R.
scene Andrea Simonetti
costumi Fabrizio Arcuri
video Luca Brinchi, Daniele Spanò
live visual Lorenzo Letizia
assistente alla regia Francesca Zerilli
assistente ai costumi Valeria Bernini

produzione Teatro di Roma
in collaborazione con Centro Teatrale Santacristina

 

Info

Teatro Stabile di Napoli

piazza Municipio

081 5524214 – info@teatrostabilenapoli.it

Orario spettacoli: 15 e 18 marzo ore 21:00; 16 e 17 marzo ore 17:00; 19 marzo ore 19:00; 20 marzo ore 18:00

Biglietteria: 081 5513396 – biglietteria@teatrostabilenapoli.it

 

 

 

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