Battaglia nel cielo: recensione del film di Carlos Reygadas

Il protagonista del secondo lungometraggio firmato da Carlos Reygadas è Marcos, un uomo di mezza età che appartiene alla classe medio-bassa e lavora alle dipendenze di chi occupa un posto sociale molto più influente del suo; un lavoro capace giusto di alimentare la sua apatia figlia di noia e rassegnazione. Ana, la co-protagonista, è una cinica ragazza dell’alta borghesia che tiene molto al suo aspetto e ha scelto di prostituirsi per scansare la noia. Il rapporto tra i due, messo in scena senza mezzi termini, fa da collante alle vicende di Battaglia nel Cielo. Una caotica quanto viva Città del Messico è il teatro di queste vicende in cui gioca un ruolo fondamentale l’alienazione, innescata sia da un comune, semplice malessere, sia dalla tragedia; un’alienazione già percepibile dalla prima inquadratura e il cui impatto sullo spettatore si rafforza già nello sviluppo di questa sorprendente, disorientante sequenza iniziale. In questo senso nel corso del film la tensione non può che salire e la regia è spietata. Specie quando i personaggi interagiscono, tutto sembra svolgersi in una dimensione a parte, con delle coordinate temporali altre che la lasciano sospesa.

Reygadas è abile a rendere questa condizione: i movimenti di macchina sono lievi, a volte quasi impercettibili, comunque lenti, quindi tocca spesso alla musica per esempio occuparsi di movimentare la situazione, magari svelando pensieri ingombranti, moti interiori grevi; ogni parte della colonna sonora per giunta, quando si fa viva non lo fa mai per una questione estetica, ma per manovrare in modo rilevante gli umori del film. Più di un interno inoltre, specie in certe scene clou, è asettico, mentre la recitazione (gli attori tra l’altro hanno lavorato senza aver letto la sceneggiatura, quindi il regista li ha diretti in ogni senso) fa passare tutti quegli stati d’animo che esprimono a vari livelli, e per varie ragioni (comunque forti), un distacco dalla realtà circostante. A suggellare il tutto c’è poi la presenza della religione: una presenza accettata incondizionatamente dalla maggioranza dei personaggi (compresi quelli marginali) con una naturalezza inquietante; una presenza che oltre a elevare il distacco, crea conflitto e quindi movimento (un po’ come la musica). Alla fine è il sesso a contenere il distacco in questione, a costituire l’elemento terreno primo, seppure la combinazione sessuale messa in scena non appartenga all’immaginario collettivo e vada a scontrarsi con un tabù non solo estetico, apice del coinvolgimento di uno spettatore mai assecondato: identificarsi in Ana e/o Marcos non è certo impossibile ma sicuramente scomodo, duro.

Battaglia nel Cielo è un film che mette in scena anima e corpo, un film fisico e metafisico. Un film difficile, in cui c’è poco di già visto ma che a suo modo è realistico; che svela – o conferma per chi ha visto l’esordio di Reygadas Japón (2002) – il talento registico di un vero autore cinematografico. Un film che al Festival di Cannes 2005 è stato selezionato per il concorso anche perché è indubbio che generi quanto meno interesse.

Articolo di Luca Gricinella (reVision)

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