Arte di Yasmina Reza, un quadro bianco e la crisi di un’amicizia

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Serge (Christian La Rosa) compra il costosissimo quadro di un grande pittore contemporaneo, un certo Antrios. La tela è completamente bianca, sulla scia di opere monocrome come quelle di Malevič.

Serge ha due amici di lunga data: Marc (Elio D’Alessandro) e Ivan (Mauro Bernardi in un ruolo che sembra creato per lui). Ma il dipinto sarà alla base di una crisi.

In scena al Teatro Gobetti il 15 e il 16 marzo per la quarta edizione de Il cielo su Torino, Arte di Yasmina Reza, celebre drammaturga francese di origini iraniane e autrice tra le altre cose de Il Dio della carneficina da cui Roman Polanski ha tratto Carnage, è una riflessione sull’arte contemporanea che si fa riflessione su un’amicizia, e in generale riflessione sui rapporti umani e sulle condizioni che li tengono in piedi.

L’arte si fa pretesto per disvelare ipocrisie e compromessi.

La regia è di Alba Maria Porto. Le situazioni sono quelle di una commedia che però lascia un senso di cupezza e violenza, vediamo i segni di una lotta dialettica feroce.

La tela è completamente bianca. Marc, appena la vede, non riesce a trattenere le risa e la definisce semplicemente “una merda”. Serge però vede in quello scherno un insulto ai propri valori e a quel che ama e, soprattutto, la solita tendenza di Marc a valutare il mondo in categorie. Non a caso è vestito di nero, il colore opposto a quello dell’opera. Marc non è in grado di accettare sfumature e particolarità. Non s’intende d’arte contemporanea e non ha il diritto di giudicare.

Lui invece vede delle strisce oblique sul fondo bianco. E forse anche un po’ di rosso pallido.

Ivan è una persona che cerca il compromesso, che non vuole litigare. Deve sposarsi con una ragazza che forse non ama. È un abitudinario, uno che detesta i cambiamenti e le liti. Per questo tenta di farsi arbitro e spettatore della lite. Dice a ognuno ciò che quel qualcuno vuole sentirsi dire. Se Serge vuole vedere delle sfumature di colore, allora ci saranno sfumature. Se Marc vuole ridere dell’acquisto, allora se ne rida. Non possiamo semplicemente andare a cena assieme?

Finché non gli fanno notare che lui non è fuori dalla discussione, anzi, è proprio il suo atteggiamento neutrale a impedire di ritrovare un equilibrio.

La discussione, sottolineata dalle musiche originali di Elio D’Alessandro, prende un tono sempre più lapidario e personale. Non si parla più di Antrios. Si passa ad accusare rispettive madri e compagne. Destesto il modo in cui scaccia via il fumo della sigaretta, dirà Serge della fidanzata di Marc: è proprio vero che vi siete trovati, siete misantropi e odiate il mondo ma fate finta di essere persone tolleranti, allora se a lei dà fastidio il fumo della sigaretta non lo dirà mai ma lo scaccerà vittimisticamente e platealmente con la mano.

È come se si trovassero in un ring, ad ogni colpo se ne aggiunge un altro di risposta. Ogni frase, sotto l’apparenza divertente e quasi da situation comedy, ha sfumature più profonde.

Si esce e si entra continuamente dalle porte luminose collocate sul palco, che danno un’atmosfera molto suggestiva alla vicenda, così come lo schermo collocato in fondo, che viene sfruttato per interventi video (progetto di Indyca).

Grazie al gioco delle luci (di Francesco Dell’Elba) riusciamo a spiare i pensieri personali dei tre protagonisti, con esiti spesso esilaranti ma, sul finale, decisamente commoventi.

Serge porge un pennarello blu – Ivan lavora in una cartoleria – a Marc. Vuol dire: basta con questa discussione, disegna sul maledetto quadro bianco. L’amicizia viene prima di Antrios. Riponiamo le armi.

Marc disegna uno sciatore. Il quadro bianco non è che questo. Il momento in cui lo sciatore arriva in fondo e sparisce nella neve. Lui disegna quello che per lui è l’attimo appena precedente.

Interpreta l’opera, per la prima volta. Cede al compromesso.

Sul finale gli amici ripuliscono il quadro e lo appendono alla parete. Le ferite sono ancora aperte, ma forse si rimargineranno.

Lo sciatore è arrivato alla meta. Antrios torna bianco. La tempesta è passata.

 

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