Aprile: la recensione del film di Nanni Moretti

Nanni Moretti ha proiettato il suo nuovo film ovvero il suo filmino familiare nella sua splendida e accogliente sala di proiezione, nonchè cinema d’essai, di alta qualità e notevole programmazione, il Nuovo Sacher. Purtroppo, ci rincresce dirlo, per la stima e l’affetto decennale che nutriamo nei confronti del regista italiano più originale e intuitivo, questo film ci ha lasciato molto perplessi, a tratti imbarazzati, poichè altro non è che un miscuglio di riprese, senza una reale idea portante, se non quella di riferirci la sua effettiva mancanza di idee per fare un film. La sua ormai proverbiale autoironia (morettiano è un termine usato da molti per designare una serie di atteggiamenti e di ossessioni), il suo mettersi in gioco in prima persona, la sua capacità di raccontare precisi stati d’animo, continua a farci sorridere, ma il tutto in questo film è annacquato da una ripetitività e da un percorso frammentario che lascia indifferenti. Restano le sue manie e le sue intolleranze, a tratti condivisibili, come quella per le tonnellate di carta stampata piene di chiacchiere, o per le tribune elettorali. Ma della sua capacità di emozionare e far sentire partecipi gli spettatori, che in Caro Diario aveva raggiunto vette di poesia e di pathos, pur essendo sempre lui stesso in prima persona a raccontarsi, della sua abilità nell’esprimere un disagio collettivo, come in Ecce Bombo, in Palombella Rossa o in La Messa E’ Finita, o di raccontare una storia, come in Bianca, in questo film non c’è traccia. Il resoconto irregolare che fa della situazione politica degli ultimi quattro anni, non ha nessuna intuizione geniale, nessun sarcasmo pungente, e la situazione pubblica raccontata parallelamente a quella privata, non si amalgama con questa, se non per il fatto che entrambe sono vissute da lui stesso, attraverso le sue nevrosi.

Veniamo a cosa parla il film: parla di Nanni che sta per avere un figlio, poi il figlio nasce, è bello pasciuto, quattro chili e duecento grammi, e Nanni si vede costretto a crescere per fare il papà, ma non è facile il ruolo del padre: molti sono i consigli degli amici, ognuno ha la sua opinione ben precisa in questi casi. Ma Nanni se la cava abbastanza bene, è premuroso, affettuoso, cerca di essere presente, ma non troppo, accanto alla madre, e di farsi perdonare che, quando Pietro era già nella pancia della mamma, Nanni e Silvia hanno avuto la malaugurata idea di andare a vedere Strange Days… influirà sul carattere? Nel frattempo Nanni si sente in dovere di fare un documentario sulla situazione politica degli ultimi anni: la vittoria della destra, Berlusconi, Bossi, la “dichiarazione di indipendenza della Padania”, i dibattiti elettorali alle porte delle nuove elezioni, in cui D’Alema non sa rispondere come si deve a Berlusconi, la vittoria della sinistra, e il suo non cambiare le cose, la tragedia della situazione albanese dove il governo è assente. Spinto dal “dovere civile” di raccontare queste cose filma comizi e manifestazioni, fa interviste, ma il suo vero desiderio è uno solo: riuscire a realizzare un vecchio progetto, un sogno nel cassetto, un film musicale sull’Italia degli anni cinquanta. E alla fine, quando capisce che ormai gli manca da vivere solo la metà della sua vita, decide di fare solo quello che gli piace e realizza il musical.

Forse è quello che ha deciso di fare Moretti quando, dopo cinque anni di inattività ha deciso di girare un nuovo film: fare solo quello che gli piaceva, raccontare di sè con una solarità e una positività che mai aveva contraddistinto i suoi film, sempre velati da un po’ di tristezza, di malinconia, di malessere collettivo o personale. Forse ci sentiamo un po’ traditi, noi spiriti amletici e inquieti, di cui Moretti era il paladino, da questo presentare le cose in maniera così piana, univoca, semplice, e volevamo che continuasse a farci del male? Oppure questa semplicità rivela una mancanza di cose da dire che ci fa davvero, ancora più male di tutti gli interrogativi senza risposta e i disagi senza soluzione? Liberatosi da tutti gli interrogativi ossessivi se ha senso o no cominciare una storia d’amore, Nanni si lascia andare e mette su una famiglia, e siamo contenti per lui, e forse ci vuole mettere a parte di quanto è gratificante questa esperienza e gliene siamo grati. Ma quel bicchiere di latte che beveva alla fine di Caro Diario ci comunicava molta più gioia di vivere di questo simpatico quadretto familiare. Pazienza, non gliene vogliamo più di tanto, perché ci è ancora caro il suo modo di fare cinema, e se la sua apertura umana gli è costata sul piano della creazione artistica poco male, aspetteremo che le due cose si riequilibrino, anche dalla gioia possono nascere delle splendide opere d’arte, non solo dal malessere esistenziale. Ma per ora ci viene davvero da concludere con la sua battuta celeberrima: “Vabbè, continuiamo così, facciamoci del male!”

Regia: Nanni Moretti

Con: Nanni Moretti, Silvio Orlando, Silvia Nono, Pietro Moretti, Angelo Barbagallo, Daniele Luchetti, Corrado Stajano

Durata: 78′

Italia 1998

 

Articolo di Raffaella Mastroiacovo (reVision)

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