Sola Andata, il viaggio di Erri De Luca

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Al Piccolo Bellini di Napoli, in scena dal 16 al 21 febbraio 2016, Sola andata, testo di Erri de Luca diretto ed interpretato da Antonello Cossia accompagnato dalla voce e dalla chitarra di Francesco Sansalone. Sullo sfondo scorrono le immagini dell’Agenzia Fotogiornalistica Controluce scelte dal fotografo Mario Laporta mentre sul palco prende vita il monologo che racconta il viaggio duro e disperato dei migranti clandestini, l’epopea di coloro che non hanno nulla se non il sogno di una vita migliore. Una carica emotiva molto forte per rendere omaggio al loro coraggio e al contempo denunciare il baratro di ingiustizie che pervade l’umanità.

Il mare che culla, che trasporta. Silente, funesto. Il mare che accoglie e respinge, che si chiude e si apre alla vita. Il mare che è speranza e morte, bara o rinascita. Vuoto e silenzio tutto intorno. Il mare che danza piano e che porta in sé tanti volti sui quali affiorano le burrasche di una vita di pianti e dolori. Le burrasche che la speranza di una vita migliore affida alla preghiera, implorando con gli occhi e ogni centimetro del corpo il diritto alla vita. Per questo, dite al mare di stare calmo, ditelo al mare di stare calmo. La burrasca pervade il mare. Il corpo e la mente non appartengono più, a braccia aperte nell’ultimo abbraccio alla vita, la vita poc’anzi lasciata alle spalle. Preghiere, speranze, lacrime trovano nel mare il loro eterno custode. Una Sola andata, in cui ritorno e destinazione non hanno confini e si confondono col tutto.

Nessuna scenografia, solo un telo bianco a raccogliere la storia. La storia degli ultimi  venti anni di viaggi della speranza. Trecento fotografie di mille e mille volti tutti diversi, in comune la profonda disperazione e condizioni disumane di questa epopea. La chitarra e la voce di Francesco Sansalone, come Caronte, conducono nel viaggio, nel dialogo della moltitudine di voci silenti che si riflettono nelle immagini e nel testo, un disegno completo dove tutti i sentimenti rappresentati. Il suo blues, Who’ll tell your future, I can’t tell my past, who’ll tell your future, I can’t tell my past, seem like every minute is sure gonna be my last, è tremendamente reale nell’espressione del senso di sospensione dei naufraghi del mare in bilico tra passato e futuro incerto. Questo blues che riprende le radici e come un tempo era voce degli schiavi afroamericani nelle piantagioni diventa voce dei migranti clandestini. Dalla platea, lentamente, entra Antonello Cossia. Cappello da nostromo, giacca chiusa da tanti bottoni.

Lentamente leva via il cappello e la giacca e comincia a raccontare gli uomini, le donne e i bambini che hanno preso il mare. Guarda attraverso i loro occhi e ascolta attraverso le loro orecchie. Sente sulla pelle il senso di oppressione degli ambienti stretti ed angusti dei barconi, la pioggia che batte sulla pelle, l’infrangersi delle onde. Il freddo delle notti in mare e l’oppressione calda del sole. Racconta il sibilo delle notti insonni, notti in cui l’odore degli assassini diventa più forte, gli spari, la morte che non risparmia nessuno, in particolare i bambini troppo piccoli e troppo fragili per sopravvivere, le canne dei fucili dei marinai. Cossia alterna la narrazione degli eventi a racconti in prima persona, è il nostromo dell’Alliance che si incaglia al largo delle coste del Senegal, è Ismaele che immagina l’Italia, è narratore delle del testo di Erri De Luca, che prende, fa diventare parte di sé e restituisce al pubblico in sala guardandolo sempre negli occhi, rendendolo parte della stessa barca, dello stesso guscio aperto.

La prima cosa è il nome, la seconda gli occhi, la terza un pensiero, la quarta la notte che viene, la quinta quei corpi straziati, la sesta la fame, la settima l’orrore che torna di notte, l’ottava i fantasmi della follia, la nona la carne aberrante e la decima è un uomo che mi guarda e non uccide. Un decalogo o forse dieci comandamenti ripetuti come un monito, come una luce, come le battute del blues. Flussi di parole che si fondono con la musica e con le immagini, che colpiscono con la loro potenza il pubblico in sala scuotendone le coscienze troppo spesso aduse alle tragedie del mare che vengono accettate come un dato di fatto, senza, domande, senza riflessione.

Lo spettacolo si chiude in platea, come tutto il monologo guardando negli occhi il pubblico. Sollevando un grido contro l’indifferenza in difesa dei sempre deboli alla conquista di una vita. E Cossia, che abbiamo già apprezzato nell’intensa interpretazione di Ultime notizie dalla famiglia, lo fa ricordando le parole di Pier Paolo Pasolini con Profezia, precursore negli anni ’60 di quella che sarebbe poi diventata, purtroppo, la realtà ma sopratutto attraverso le parole pesanti come un macigno e per questo profondamente attuali di Erri De Luca “Considero valore ogni forma di vita. Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore. Potete respingere, non riportare indietro. È cenere dispersa la partenza. Essi sono solo andata”

 

Teatro Piccolo Bellini di Napoli

via Conte di Ruvo. 14

081 5499688 – botteghino@teatrobellini.it

Orari: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato ore 21:15; domenica ore 18:30

Prezzi: intero 15€, ridotto 10€, titolari Politeatro under 30 6€

 

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