Sergio Longobardi: basta nomine politiche negli Stabili!

Sergio Longobardi

Sergio Longobardi attore, regista e drammaturgo napoletano inizia il suo percorso nel 1988 con L’uomo-ombra, azione di clown di strada. Nel 1997 assieme ad Emanuele Valenti e Daniela Salernitano fonda la Compagnia Babbaluck diventata nel 2005, alla conclusione del primo ciclo di lavori durati oltre 8 anni, Monsieur Babbaluck. Tra gli spettacoli ricordiamo Babbaluck Grand Seigneur, Core, Natale in Casa Babbaluck, Italia mia, Vico Scassacocchi 2012 e la partecipazione al Napoli Teatro Festival del 2009 dove dirige Elisabetta e Limone.

Da diversi anni divide la sua residenza e la sua produzione tra la capitale francese e quella partenopea nella quale in occasione del trentennale della Sala  Assoli ha presentato Bastavamo a far ridere le mosche, dialogo intimo tra il clown, che si interroga sulla sua identità di uomo e di artista, e suo padre. Il testo dello spettacolo è stato pubblicato dalle edizioni Presses Universitaires du Miral di Tolosa oltre ad essere stato tradotto dal collettivo di traduttori La Langue du Bourricot durante un master di Traduzione tenutosi all’Università Paris VIII nel dipartimento italiano diretto dalla professoressa Celine Frigau. Lo spettacolo è ancora in distribuzione ed essendo il diario di un clown è concepito come work in progress in continuo cambiamento.

1) Se volessimo cominciare un’analisi della situazione di crisi culturale del teatro italiano, da quali segnali dovremmo partire?

Ci sono tantissimi motivi, ma il criterio con cui risponderò a queste domande è unico ed è la strenua difesa del lavoratore dello spettacolo che in Italia non ha uno statuto valido e sembra che la sua azione, il valore del suo impegno stenti nel nostro paese a farsi RICONOSCERE. Nel nostro paese l’incidenza dell’impresa culturale è ai minimi storici. Si pensi solo che in Francia la cultura rappresenta il 4% del PIL. Eppure nonostante questo siamo pieni di talenti, soprattutto a Napoli.

Secondo te/voi, la crisi del teatro potrebbe essere la diretta conseguenza di una crisi generazionale, d’identità e di opportunità?

Con questi “chiari di luna” se hai 20 anni con tutte le sollecitazioni che hai solo una forte passione può alimentare oggi la voglia di fare teatro nella vita. Credo che il numero di persone tra i 20 e i 30 anni che fanno questa scelta sia in netta diminuzione. Il problema secondo me è sempre il mancato riconoscimento del ruolo che la cultura e il teatro hanno nella vita di tutti i giorni, nonostante i bei progetti e i grandi artisti che abbiamo avuto e che ancora abbiamo. Non sappiamo preservarli, ripeto non c’è nemmeno uno Statuto del lavoratore dello spettacolo degno di tale nome nel nostro paese. Siamo fantasmi.

Quali sono i tempi e modi del suo sviluppo?

Io credo che la repubblica Italiana debba prendere in considerazione l’OPPORTUNITÀ che il mondo della cultura e del teatro proprio in questo momento di crisi, proprio per questa crisi, possa avere. Io credo che con la cultura si può fare impresa. Io credo che l’Argentina dalla crisi ha sviluppato una fortissima idea di teatro e di drammaturgia e che sia un esempio.

2) Si può affermare che la crisi del teatro possa dipendere anche da una mancanza di idee teatrali forti?

Non penso. Anche se il peso della tradizione e del potere politico è troppo pressante. Ho sentito dire, non avendo un rapporto diretto e non cercandolo (tra i pochi a Napoli), che il direttore artistico del teatro stabile di Napoli ti produce ma poi ti impone compagnia attori e testo..Mi dite che senso ha una direzione del genere? Quali idee innovative può portare una forma di subordinazione dell’artista alla politica di questo genere?

3) Qual è la funzione sociale del teatro oggi? Quali necessità soddisfa?

Parlano per me il Progetto Arrevuoto che abbiamo fatto in passato e i suoi figli (Trerrote Punta Corsara e LES GEANTS) in Francia. Credo che quando il teatro incontra il sociale può essere molto fecondo a tutti i livelli. E può anche creare lavoro.

4) Si può credere a un rinnovamento del teatro o siamo in attesa di un modello culturale che possa scuotere le coscienze?

Il peso della Tradizione è ancora molto forte. La tradizione non vuole essere tradita. C’è un ritorno al passato. Non vedo molte possibilità di sperimentazione per adesso..

5) Lo Stato sostiene il teatro in Italia? Se sì, ne beneficiano tutti?

NO assolutamente NO. Categorico e netto.

6) Le due misure più estreme ed urgenti da mettere in atto, secondo te/voi.

  • RIFORMA DELLO STATUTO DEL LAVORATORE DELLO SPETTACOLO
  • BANDI PUBBLICI PER ASSEGNARE SULLA BASE DI UN PROGETTO TRIENNALE TUTTE DIREZIONI ARTISTICHE DEI TEATRI PUBBLICI. BASTA NOMINE POLITICHE.

7) Ha ancora senso mettere in scena i classici?
SI
O andrebbero “tolti di scena”?
NO

Quanto influisce la scelta politica di un direttore artistico?

HO GIÀ RISPOSTO.

8) Si può parlare di “dittatura teatrale” nel mondo delle arti in scena?

IO NON PARLEREI DI DITTATURA MA DI NOMENCLATURA

9) È possibile un “teatro della crisi” in cui artisti, spettatori e critica trovino un punto in comune?

E GIÀ IN ATTO PER QUAL CHE MI RIGUARDA. A NAPOLI c’è l’ ex Asilo Filangieri che si muove in questa direzione.

10) Quant’è importante lo spettatore a teatro?

IL PUBBLICO E’ IMPORTANTISSIMO A TEATRO…

Quanto è necessario investire nella formazione di un pubblico consapevole?

In Francia i teatri sono pieni di adolescenti. È l’organizzazione pubblica del sistema cultura che qui fatica ad esistere.
PER QUEL CHE MI RIGUARDA IL BIGLIETTO NON DOVREBBE MAI SUPERARE I 10 EURO.

 

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