Rabin, the last day

Rabin, the last day

 

Rabin, the last day, regia di Amos Gitai

Israele, Francia 2015

Cast:  Einat Weitzman, Yaël Abecassis, Yogev Yeffet
Sceneggiatura: Amos Gitai, Marie-Jose Sanselme
Durata: 2 h e 33′
Musiche: Amit Poznansky

Rabin, the last day di Amos Gitai è stato presentato al Festival di Venezia 2015 e narra la storia dell’ultimo giorno di Yitzhak Rabin, primo ministro israeliano, ucciso la sera del 4 novembre 1995 alla fine di un importante comizio politico tenutosi al centro della città di Tel Aviv. L’assassino, un ebreo di 25 anni, osservante, fu arrestato sul luogo del delitto ma, grazie alle indagini sull’omicidio, sono venuti a galla retroscena di un mondo terrificante che si cela dietro questo gesto folle, una rete criminale, composta soprattutto da rabbini estremisti e da politici di destra, dove dominavano gli intrighi politici e un odio per Rabin per l’iniziativa di pace che stava portando avanti. Gitai tributa un film al Premio Nobel Yitzhak Rabinm e non costruisce la trama come fa Oliver Stone per JFK ma mette assieme film biografico e documentario, grazie ai filmati d’archivio sull’attentato, per rappresentare un thriller per smuovere le coscienze.

Rabin, the last day è un lungo film austero, molto lento, che non ha nulla del classico biopic ma che non risponde nemmeno agli stilemi del documentario. Gitai ha scelto gli attori per rappresentare scene della deposizione, prese dalle trascrizioni Shamgar, unendole ad immagini di repertorio riprese da un giornalista locale che mostrano chiaramente l’omicidio di Rabin. Purtroppo, non tutto il film è riuscito: i primi venti minuti, dove, in maniera serrata, Gitai mescola sequenze d’azione a filmati d’archivio, scaraventano, di botto, lo spettatore all’interno della vicenda ma, nelle successive due ore, la fredda drammatizzazione delle testimonianze non raggiunge l’obiettivo. Il risultato è un film-intervista che rappresenta un unico, parziale, punto di vista, che solleva molte questioni – questa, infatti, è la sua forza – ma non dà risposte. La regia di Gitai è, come sempre, originale, intensa, con la macchina da presa che insiste sui volti senza concedere nulla a una linea narrativa che, invece, il regista israeliano avrebbe potuto sviluppare alternando sapientemente immagini d’archivio con scene di finzione.

Cosa vedere di Amos Gitai se ti è piaciuto Rabin, the last day

Amos Gitai è un regista israeliano impegnato, premiato al Festival di Cannes nel 2005 per Free Zone, ed è molto legato alla sua terra e alle questioni che la martoriano. Consigliamo due film: Ana Arabia del 2013, famoso per essere un unico piano sequenza di ben ottantuno minuti, che narra di una comunità di reietti, sia arabi che ebrei, in Israele, al confine, e Verso Oriente del 2002 che parla della Kadma, un cargo che scarica, nel 1948, sulle coste palestinesi un gruppo di persone sopravvissute all’olocausto.

 

 

 

 

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