‘Nta ll’aria: Tino Caspanello al Nuovo Teatro Sanità

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Il drammaturgo siciliano Tino Caspanello, reduce dal successo Mari, Premio Speciale della Giuria al Premio Riccione 2003, torna a Napoli con lo spettacolo ‘Nta ll’aria, andato in scena al Nuovo Teatro Sanità l’11 ed il 12 novembre 2017. Il teatro sito in uno dei quartieri storici e più popolosi della città, definito difficile per il tessuto umano ed urbano che lo caratterizza, non è noto soltanto per Totò, che qui ci abitava, o per Eduardo che lo scelse come sfondo del suo Loro di Napoli, ma è noto soprattutto per la ricchezza di tesori che proprio lì, in quelle strade strette e talvolta tortuose, si annidano. Uno di questi tesori, ribattezzato dai giornali Il miracolo della Sanità, è appunto il teatro, ricavato all’interno di una chiesa settecentesca per lungo tempo abbandonata.

La sala sembra essere strutturata per accogliere la drammaturgia di Caspanello. Lo spazio scenico è immerso nel buio con al centro un balcone, esterno di un palazzo. Un parapetto di metallo rettangolare, una tenda rossa, di quelle usate per scacciare gli insetti con lunghe strisce di plastica ed immediatamente alle spalle l’ingresso alla stanza. Questo accesso immaginario all’ambiente domestico segna il sottile confine tra il reale e l’irreale, luogo di transito e di crocevia tra il tangibile e tutto quello che non lo è. Non è un caso infatti che dei tre protagonisti in scena l’unico fuori dagli schemi, l’eccezione che rompe la monotonia del vivere, arrivi attraverso questa porta. Questo balcone, ambiente esterno che si ricongiunge ad un interno, diviene un ricettacolo di relazioni che sono il riflesso delle relazioni del mondo, ne è parte e tutto allo stesso tempo.

In questo contesto così strutturato prende vita la particolare drammaturgia di Caspanello contraddistinta dalla simbiosi di due elementi essenziali: la lingua ed il tempo. Il suo teatro spazia tra la lingua italiana, francese ed il dialetto messinese ed è quest’ultimo ad essere protagonista in scena. Carico dei sapori e dei colori del sud, ricco di quelle sfaccettature semantiche in grado di restituire attraverso una singola parola un universo di emozioni, diventa in quest’opera uno strumento in grado di costruire il mondo. Due operai sono intenti a scartavetrare il metallo duro e fermo di un balcone e la parola crea una crepa nella monotonia dell’azione. Distrazione, ricerca di vicinanza e prossimità, diventa il collante tra questi due uomini che si trovano a condividere lo stesso spazio e lo stesso tempo. Questa lingua, il messinese, s’intreccia con lo scorrere del tempo quando si carica della sua stessa sostanza: brevi frasi, talvolta suoni più duri, che assumono significati in virtù delle lunghe attese e delle pause che lasciano sospesi nell’aria i sentimenti, le emozioni, la paura, la rabbia. Silenzio non inteso come assenza di parola ma bensì come costruzione di una o di tutte le realtà. È in queste pause che il rude Felice nasconde la ricerca della vicinanza e nelle stesse pause Mimì si rifugia per creare la prossima interruzione.

La convivenza lavorativa di questi due protagonisti potrebbe andare avanti in questo alternarsi di lingua ed assenza per lungo tempo. I due hanno individuato un equilibrio, una modalità comunicativa e di interazione personale che un pò per volta diventa necessaria per la costruzione della loro (e forse della nostra realtà). Lo scorrere de tempo scenico non pone una distanza o una separazione rispetto al pubblico in sala che, in forza di una immedesimazione a pelle rispetto all’azione, ne avverte anche questo procedere in circolo fatto di movimenti e di successivi assestamenti, tipico di una quotidianità che procede fino a trascinarsi.

Questa linearità dell’azione è sintomatica dell’agire umano sempre alla costante ricerca di fondamenti, di senso, di certezze. Se le piccole aperture che manifestano reciprocamente i due protagonisti – come ad esempio la possibilità il giorno seguente di poter fare una passeggiata assieme se non piove – sono il segnale della difficoltà insita nell’uomo di approcciarsi agli altri, contestualmente rappresentano anche una possibilità. Quando in scena arriva questa donna col suo cappotto giallo e borsone al seguito, la costruzione della realtà  fino a quel momento valida subisce un colpo. Questa figura, sintesi della diversità, con il suo eccentrico modo di fare, di agire, fuori dallo schema costruito, riesce ad offrire una visione altra del mondo. Fuggendo non sappiamo da chi e da dove, riesce in questo equilibrio a due, tra un sorso di caffè ed un bicchiere di vino, ad inserire una visione nuova, fatta di leggerezza e di autenticità, la stessa che contraddistingue i bambini, semplici e sinceri.

Molto amato dalla critica e dal pubblico, Caspanello riesce a smuovere la coscienza attraverso le sue opere creando un canale comunicativo attraverso diversi livelli: i silenzi, le parole, i gesti ed i suoni sono singoli elementi che sono tenuti assieme dalla forza che reciprocamente si restituiscono. Non c’è predominio dell’uno sugli altri quanto piuttosto una completezza che deriva dalla somma degli stessi. Bravi Cinzia Muscolino, Tino Calabrò e Alessio Bonaffini, questo inusuale trio di anime, in grado di far sorridere il pubblico, indurlo a creare spazi personali do riflessione facendogli sentire sotto la propria pelle la brezza frizzante della vita.

 

‘NTA LL’ARIA
drammaturgia e regia Tino Caspanello
con Cinzia Muscolino, Tino Calabrò, Alessio Bonaffini
produzione Teatro Pubblico Incanto

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