Mascarò, il capolavoro di Haroldo Conti torna in libreria

Il ritorno in libreria di Mascaró di Haroldo Conti (Exòrma edizioni, 2020) deve riempire di gioia il lettore ardito, lo spigolatore di professione che si ciba di tracce lasciate in rete, sui giornali oppure durante una conversazione con amici. Purtroppo questi tempi ci impongono un ritiro coatto nelle nostre accoglienti abitazioni ma, per molti di noi, non è mai terminato il tempo della spigolatura. 

Avevo già letto Sudeste ma ho saputo del ritorno in libreria di Mascaró proprio da Marino Magliani che, dopo una graditissima mail, mi invitava a leggere la sua meravigliosa traduzione che restituisce al lettore lo stile pirotecnico e magmatico di Conti. 

La lettura non può non partire dalla sentita prefazione di Gabriel García Márquez, che racconta al lettore la personalità di Conti, lo slancio vitale della sua scrittura e il suo forte desiderio di libertà. Non lesina, per fortuna, dettagli sul sequestro  dello scrittore ad opera del regime militare di Videla e il suo successivo annoveramento tra i desaparecidos. Conti aveva scelto di restare nel suo paese, l’aveva scritto anche all’amico Márquez, “questo è il mio posto di combattimento”, gli scrive, “e da qui non me ne vado”. 

La morte di Conti è emblematica ed è assurdo che, in Italia, siano ancora in pochi a conoscerlo ma la verità è che Haroldo Conti è stato e, poi, non è stato più, è scomparso. Marino Magliani lo racconta bene su Nazione Indiana, in un passaggio scrive:

La prima cosa su cui ci si sofferma, tuttavia, quando si legge di Haroldo Conti, non sono l’acqua di Sudeste e la costa inzuppata di Mascaró, o la stessa amicizia con Gabriel García Márquez, la passione per il cinema, ma richiama il numero esiguo di libri a suo nome. Allora vai a vedere qualche notizia biografica e a quel punto ti è tutto chiaro. Conti è morto molto presto, a cinquantuno anni, perché questa è la data che riportano le carte (ma solo alcune), in genere accanto a Chacabuco, profonda pampa, 1925, un luogo di morte non viene riportato, e una data, un giorno, un mese, uno di quei mesi in cui in Argentina fa freddo e qui si soffoca. Nulla, Haroldo Conti non c’è, c’è stato e poi non più, scomparso, desaparecido.

Il 5 maggio del 1976 Haroldo era andato al cinema con la compagna a vedere “Il padrino” e, tornati a casa, hanno trovato un gruppo di fascisti che li stavano aspettando. Lo portarono via e, da quel momento, di Conti non si sono avute più notizie. 

Un paio di settimane più tardi Borges e Ernesto Sabato furono invitati a pranzo da Videla, avevano avuto la possibilità di chiedergli della gente sequestrata ma solo Sabato gli pose la domanda senza nemmeno troppa convinzione. Da quel momento in poi, sia il corpo che l’opera di Haroldo Conti sono finiti nel dimenticatoio.

Ma grazie a Exòrma e a Marino Magliani, in Italia, si sta ricominciando a parlare di questo grande scrittore. E così, oggi, ci troviamo a scrivere di Mascaró, uno splendido romanzo diviso in due parti, la prima onirica e la seconda più realistica.  

Tutto comincia in una taverna di Arenales: qui ci sono alcuni avventori che aspettano una nave sgangherata, Mañana, cioè domani, che li porterà altrove. 

La trama potrebbe essere sintetizzata con queste poche righe perché, poi, tutto quel che avviene durante il romanzo richiama molto le storie picaresche ed è difficile da riassumere. Mascaró, con Oreste e il Cavaliere Nero, si imbarcheranno, quindi, per un viaggio che non ha una meta apparente. Giungeranno, infine, a Palmares, dove Mascaró incontrerà altri due cavalieri e, con loro, si allontanerà a cavallo mentre Oreste, con il Principe Patagon e Nuño, deciderà di allestire un circo itinerante aggregando altre persone che hanno in comune con loro la voglia di vivere una vita libera e senza costrizioni.

Conti ci racconta questa girandola di emozioni e situazioni con uno stile veloce, con aperture dirette e potenti, lancinanti, che accendono negli occhi del lettore la scintilla della libertà del vivere, che si oppone al puzzo fetido della dittatura, pregna di oscurità e di morte.

Oggi, in Italia, possiamo apprezzare l’intenso ventaglio di colori e di suoni dello stile di Conti grazie all’efficace traduzione di Marino Magliani, che non finiremo mai di ringraziare per averci aperto una grande finestra su un paradiso letterario che non conoscevamo.

 

 

 

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