La vita che desideri: un fumetto per riflettere sulla guerra e il fascismo

La vita che desideri

Giulio Corsini è uno che ha preso parte alla Grande Guerra, per “cacciare il selvaggio prussiano e l’austriaco schiavo del Kaiser”. Barbette è un’ideale, è la bellezza stessa, senza essere né uomo, né donna. Giorgio è solo un ragazzo, troppo giovane per comprendere la pericolosità delle idee che ha abbracciato per far dispetto a suo padre. Tre personaggi, tre destini che s’incrociano nel graphic novel La vita che desideri – di Francesco Memo e Barbara Borlini, edito da Tunué – che affronta i temi dell’amore e della guerra, privandola di ogni aspetto eroico e descrivendola con brutale sincerità.

Il comparto grafico del libro è molto interessante e inserisce La vita che desideri in quel tipo di graphic novel con un formato “diverso”, sempre più frequenti in libreria.

Le storie raccontate ne La vita che desideri sono tre, ma in realtà è una soltanto: a fare da filo conduttore troviamo Giulio Corsini, che reincontreremo in vari momenti della vita. Lo conosciamo giovanissimo, mentre per le strade di Vienna, nel 1914, si ritrova coinvolto in una rissa. Il ragazzo interviene per salvare un altro giovane, ma mentre tiene fermo l’uomo anziano che lo stava malmenando, il primo si risolleva e uccide quest’ultimo. Giulio non riesce a crederci, gli sembra di aver aiutato un omicida, ma non ha il tempo di preoccuparsene, perché deve lavorare sodo nel ristorante dello zio.

Purtroppo, le preoccupazioni di Giulio sono destinate soltanto ad aumentare, poiché viene chiamato a partecipare alla prima guerra mondiale. Abbandonati i locali alla moda viennesi, ritroviamo Giulio in una trincea sull’Altopiano del Carso. Qui, in veste di prigioniero, compare davanti ai suoi occhi Florian, il ragazzo che aveva salvato a Vienna in quella notte ormai lontana. La fascinazione che il giovane austriaco ha su Giulio non è mai scomparsa e così, diventa per lui una sorta di angelo custode, pur essendo dalla parte dei suoi aguzzini. A dispetto della situazione in cui si trovano, i due ragazzi s’innamorano e Barbette (il nome con cui Florian era conosciuto in società), fiero della sua libertà e della sua condizione di artista androgino – a Vienna era un cantante e si esibiva per locali – insegna a Giulio l’amore per l’arte e le cose belle, sognando insieme a lui un mondo libero dalle brutture della guerra. E Giulio tiene nel cuore tutto ciò che il “suo” ragazzo austriaco gli ha insegnato.

Quando lo ritroviamo – nella seconda storia de La vita che desideri, ambientata sul Lago Maggiore, nel 1935 – è un uomo ammirato e rispettato da tutti, direttore di un albergo lussuoso e con una splendida e raffinata moglie. È proprio nella veste di direttore che conosce Giorgio, un ragazzo che gli viene raccomandato per lavorare nell’hotel. Giorgio è un ammiratore del Duce, un ragazzino innamorato delle idee di potenza e gloria di cui Mussolini aveva imbottito le teste degli italiani. Giorgio si vergogna del padre, un “comunista ubriacone” e a suo avviso inetto, e abbraccia il fascismo come risposta all’atteggiamento disfattista del genitore. L’incontro con Giulio gli aprirà la mente a nuove idee e nuove possibilità, ma sarà dura per lui trovare il giusto equilibrio e raggiungere l’amore.

La terza storia riannoda i fili e trae le sue conclusioni, mettendo in gioco passioni sopite e ferite impossibili da guarire. E commuove, mostrando vite spezzate e morti inutili, e le peggiori evoluzioni che l’uomo può raggiungere.
La vita che desideri è lo spaccato di un’epoca, è la guerra raccontata attraverso l’amore, con la consapevolezza che ciò che desideri alle volte è impossibile da ottenere.

L’ho trovato un libro interessante, profondo. Quasi necessario, in un’epoca in cui, forse, troppo spesso si dimentica il recente passato.

Titolo: La vita che desideri
Autori: Francesco Memo e Barbara Borlini
Editore: Tunué
328 pp., col. – 29,00 €

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