La Traviata di Enrico Stinchelli

traviata stinchelli

La Traviata di Enrico Stinchelli, vista al Teatro Grande di Pompei, farà parlare di sé principalmente per il nudo integrale, nella prima scena, di Natasha Dikanovich ed è un peccato perché ha tutte le carte in regola per essere ricordata per la bontà delle interpretazioni. In realtà è una Traviata ardita e apprezzata, una messa in scena appassionata e abbastanza fedele alla tradizione, dove si preferiscono tre soprano, differenti per timbrica e modulazione, per il ruolo difficile di Violetta. Dopo la Dikanovich, infatti, si sono alternate Bing Bing Wang e Tea Purceladze, tutte e tre perfettamente in parte. Secondo Giuseppe Verdi, infatti, per Violetta “ci vorrebbero quasi due soprani diversi, a volte anche tre” proprio per la metamorfosi della protagonista a cui deve corrispondere necessariamente un cambiamento vocale. Stinchelli coglie al volo quest’opportunità ed è bravo a far cogliere allo spettatore attento ogni singola sfumatura. Nel primo atto, infatti, è giusta la scelta di Stinchelli di affidarsi a un soprano leggero, agile mentre, invece, per il secondo e il terzo atto il soprano, secondo le note verdiane, deve avere caratteristiche liriche, spinte, perché la Traviata passa da cocotte a donna innamorata fino alla Violetta in fin di vita. Per questo motivo si affida a Tea Purceladze, dalla voce gravosa con le modulazioni giuste soprattutto sul parlato.

Bravo Stinchelli anche a scegliere i personaggi di contorno, in grado di conferire la giusta dose di drammaticità ai quadri: il tenore Young Min Oh è un ottimo Alfredo; il baritono Pietro Terranova, nel ruolo di Giorgio Germont, è credibile. Direttore d’orchestra è Gianpaolo Mazzoli che non aggiunge né toglie nulla all’intero apparato.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *