La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead

la ferrovia sotterranea

La ferrovia sotterranea era un modo di dire, un’espressione che gli abolizionisti utilizzavano per indicare quella rete segreta con la quale comunicare posti utili per fuggire agli schiavi. Una rete per aiutarli a tornare liberi.

Colson Whitehead, però, mentre già stava lavorando a un altro romanzo, si disse: “E se ne facessi una ferrovia reale?”

Così dà vita a La ferrovia sotterranea, appunto, edito in Italia da Sur, nella collana BigSur, un’architettura metropolitana e sofisticatissima. Treni sottoterra che servano agli schiavi per scappare. È quello che accade a Cora, la protagonista di questo libro durissimo.

La scrittura riporta a tratti alle atmosfere di Django Unchained, il film di Tarantino uscito nel 2012 con Samuel L. Jackson.

Il libro ha tanto in comune con il cinema. Le scene sembrano davvero perfette per registi ed attori. Non a caso, la sceneggiatura è già in fase di scrittura con Amazon, che ne trarrà a breve una serie tv.

Anche qui, lo scontro principale è quello con un cacciatore di taglie, un bounty hunter. Inseguirà Cora per territori e spazi, mai sazio, a partire dalla Georgia. Nel libro ci sono vere e proprie locandine western : testo, mandato di cattura, dollari di ricompensa.

Anche il dolore e la violenza sono gli stessi. Si resta inermi davanti a una spietatezza che pare impossibile.

Whitehead dice di essersi ispirato al celebre realismo magico di Gabriel García Márquez, e nel libro ciò è evidente. Una storia che riesce ad essere al contempo surreale e fin troppo concreta.

La storia di Cora è tangibile – è quella di tanti schiavi che così hanno vissuto e così avrebbero voluto fuggire. Lo scrittore, in un’intervista a Scuola Holden (Torino) ha rivelato di aver sentito un dolore immenso, visitando i luoghi in cui avrebbe ambientato il romanzo. Era anche la sua storia, quella.

Schiavi che conoscono il proprio prezzo, e lo vedono oscillare a seconda del mercato. 200 dollari, una cassa di rum, delle conchiglie.

“Se sai qual è il tuo valore, sai qual è il tuo posto nel sistema.”

Schiavi che non sanno quando sono nati o da chi. Schiavi che dovrebbero essere uniti per via del pericolo e della stessa condizione ma che, come spesso accade nella vita, si detestano invece per la vergogna di quell’esistenza, perché vedono negli altri la propria condizione miserabile, la propria impotenza, la propria schiavitù. Schiavi che sono convinti che i bianchi non li aiuteranno, e che se cercano un aiuto quello potrà venire soltanto da loro. Schiavi che si sentono inconsistenti come spiriti in un mondo duro e rarefatto. Schiavi che conosceranno la bontà, impareranno il bene.

Barack Obama ha letto La ferrovia sotterranea e l’ha consigliato.

“Il romanzo che ho letto più di recente è stato La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead; ci ricorda come il dolore della schiavitù si trasmetta da una generazione all’altra, non solo in modi espliciti, e come cambi la mente e il cuore delle persone.”

Con lui, molti altri. Ha vinto il Premio Pulitzer e il National Book Award – da tempo un romanzo non vinceva entrambi i premi. La verità è che è una storia fondamentale, toccante e che fa riflettere su una parte di storia che si considera distante ma che è molto, molto vicina.

È viva. E continua a correre con le gambe di Cora.

 

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