Il Grigio, l’oasi di Gaber secondo Teatro in Fabula

Il Grigio

Al Teatro Elicantropo di Napoli dal 21 al 24 aprile 2016  Teatro in Fabula presenta Il Grigio, lungo monologo, pubblicato anche su disco, di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, per la regia di Giuseppe Cerrone e Antonio Piccolo, quest’ultimo protagonista in scena. Lo spettacolo del signor G., la sua unica opera di prosa, debutta il 19 ottobre dei 1988 a Belluno e grazie ad essa si aggiudica  il Premio Curcio per il Teatro ed il Premio Ascot Brun come migliore attore.

Il desiderio di sentirsi isolato, di combattere la pochezza e la volgarità dell’umanità uniformata ai dettami e agli stereotipi. Un desiderio di ristoro dell’anima, di purificazione che parte dall’abbandono delle quotidiane infrastrutture per creare ex novo un’isola felice, anzi un’oasi bianca. Una scelta radicale ma forse l’unica in grado di restituire il silenzio e l’indipendenza ad un artista in crisi. In crisi di valori,  ispirazioni. Titubante, pressato da un presente contorto e schiacciato dai pensieri e dalla strada che si spiega innanzi a sé.

Casa nuova, vita nuova. Trasloco vuol dire fremito, cielo azzurrissimo e sole, molto sole. È sempre così. Trasloco in periferia, una casa tutta bianca circondata dal verde. Senza il rumore assordante del traffico. Senza apparenti riferimenti del mondo dal quale sta cercando di scappare. Solo il silenzio tutto intorno, il silenzio dei pensieri. Antonio Piccolo entra in una scena parzialmente arredata, tra le braccia uno scatolone. In un angolo una scrivania bianca ed una sedia. All’angolo opposto posiziona la sua chitarra. Si guarda attorno compiaciuto, sembra respirare per la prima volta dopo tanto tempo. Ci introduce al racconto del quotidiano, la sistemazione della sua oasi. Toglie il cappello, poggia il cappotto sulla spalliera della sedia e comincia ad sistemare il suo angolino, la sua scrivania. Un rito sacro che richiede un impegno profondo, la ricerca della giusta posizione, della giusta angolazione, un lavoro delicato, per il quale sono necessari anche due giorni prima di giungere alla giusta conclusione. Un’oasi felice, ripete a se stesso.

L’isolamento ben presto si rivela un’illusione. Dalla finestra che affaccia sul verde scorge un particolare a cui non aveva mai fatto caso. La veduta, infatti, comprende lo scorcio di una villetta abitata da un colonnello, uomo mediocre completamente risucchiato dalla volgarità della fluorescenza, vittima e carnefice della volgarità dilagante fomentata dalla televisione. Una visione che lo disturba non poco e che ricalca ripetutamente, arrabbiandosi per questo sconfinamento non previsto. Lui che non ci aveva pensato su due volte decidendo di lasciare fuori dalla sua oasi quello strumento veicolo di tutta la volgarità del mondo, contro cui ormai non si può più nulla perché fa parte di te. Meglio un buon libro. Forse. Sulla strada della deflagrazione è meglio un quiz televisivo che La Montagna Incantata di Thomas Mann.

Ma la fluorescenza non è l’unico elemento di disturbo e l’isolamento presto perde questa sua naturale connotazione. Tra le visite della ex, della compagna, del fratello un via vai comincia ad affollare la sua permanenza fino a quando non sente un fruscio. Forse qualcuno che cammina al piano di sopra, ma non c’è nessuno. Nuovamente il fruscio, più forte. E ancora. Fino a quando non compare lui, il grigio, un topo. Un essere piccolo e peloso, un nemico a quattro piccole zampette che disturba la sua quiete, che invada la sua oasi. Furbo e saccente si prende continuamente gioco di lui al punto da non riuscire a pensare ad altro se non a liberarsene in maniera definitiva. Il grigio noncurante si fa beffa di lui, illude e spaventa. Reale o immaginario, il grigio è la metafora di se stesso, la sua proiezione in questo piccolo corpo peloso che lo attrae e lo repelle. Lo insegue alla volta disperata del suo annientamento. Da oasi felice ben presto la casa bianca di periferia immersa nel verde si trasforma in un troiaio.

Antonio Piccolo racconta questa transizione, questa tensione di amore e repulsione del grigio quasi fosse una fiaba. Non per imitazione ma creandola passo dopo passo. È un fremito alla scoperta della nuova avventura con l’arrivo nella casa tutta bianca che costruisce poco alla volta. È giustamente iroso nella ricerca machiavellica della soluzione estrema per liberarsi del grigio. È funesto all’ennesima disfatta e si dedica con intensità allo smantellamento dell’ambiente tanto agognato, da cui emerge con animo devastato mentre attorno guarda le sue rovine. È tenero, inteso ed ironico nella riproposizione voce e chitarra dei tre brani che accompagnano il testo, Il dilemma, C’è solo la strada e Quello che perde i pezzi, che prendono spazio nella scena senza però mettere in secondo piano la drammaturgia, che ricalcano dolcemente, come naturale continuazione. Raccogliendo lo sguardo del pubblico nel suo e portandolo per mano alla scoperta della libertà che fa paura perché troppo immensa, incontrollabile ma anche appesa ad un filo, con un grigio pronto a farla vacillare, ad assorbire energie, tirare pugni al vento nella lotta contro il nemico che sfugge ma anche contro se stessi. Perché il grigio diventa qualcosa di grande. È il bene e il male. È il nulla e il tutto. Avete mai visto le spalle di un uomo che cammina davanti voi? Io le ho viste. Sono le spalle comuni di un uomo qualsiasi.

Teatro in Fabula in questa nuova produzione di parole, musica e voce, una voce che vibra nonostante tutto, offre uno spettacolo diverso rispetto a L’uomo di fumo proposto qualche settimana fa al Piccolo Bellini ma che conferma la bravura e l’ingegno di questa giovane compagnia napoletana.

 

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