Grand’Estate: il delirio fantastorico di Enzo Moscato

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Con Grand’Estate Enzo Moscato scrive, interpreta e cura la regia di un lavoro, da lui definito “delirio fantastorico”, che narra quattro decenni di storia e cronaca napoletana. Divide il palcoscenico, per la prima volta, con Massimo Andrei e mette in scena l’ “odissea sgangherata” di personaggi picareschi, una comédie humaine ambientata nei night o in quei bordelli dei Quartieri Spagnoli che hanno, da sempre, affascinato il drammaturgo napoletano.

Accompagnato da un esercito di giovani (Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo, Gino Grossi, Francesco Moscato, Giancarlo Moscato, Peppe Moscato), un coro esuberante e marinaresco, Enzo Moscato dà risalto al lato semplice e giocoso, sottolineato anche dai costumi e dalle scene di Tata Barbalato, del suo teatro virando il testo scenico verso la farsa senza rinunciare alla complessità babelica della sua scrittura. Inoltre, come in Hotel de l’Univers – lavoro, per alcuni versi, affine a questo – Moscato presentava alcuni clichés del cinema, qui, nel vorticoso gioco proustiano sospeso tra tempo perduto e ritrovato, mostra le radici del suo teatro e della sua vita attraverso dei bozzetti, dei personaggi caricaturali che omaggiano un glorioso passato. Lo fa, però, anche attraverso un collage di canzonette, di ricordi evocati, di frammenti di sigle di sceneggiati. La forma è sempre quella dell’oratorio a più voci con il fondamentale apporto di Massimo Andrei, una gustosa novità che dà brio e vivacità all’immaginario di Moscato.

Chi ama il suo teatro non può non godere della sua Grand’Estate, prologo divertito di quel che sarà Cartesiana decine di anni dopo. L’atmosfera è insolita, più leggera rispetto agli ultimi lavori, la Parola smette di farsi rito e finisce per servire l’azione in scena, quasi come in un lavoro classico di teatro. Si ride bonariamente di quel che eravamo, delle magnifiche ingenuità dei nostri padri, del candore di una Napoli folle che, però, non aveva rinunciato alla propria identità, proprio come Poppina, Sciuscetta e Lattarella.

 

 

 

disegno luci di Cristina Donadio.

 

 

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