Gli incendiari, amore e fanatismo religioso secondo R. O. Kwon

Gli incendiari (Einaudi, 2020) è il primo romanzo di Reese Okyong Kwon, giovane autrice nata in Corea del Sud e trasferitasi, all’età di tre anni, con i suoi genitori negli Stati Uniti.
La sua famiglia è molto religiosa e, quando Reese annuncia a tutti di non esserlo, lascia tutti basiti. La Kwon ha le idee fin troppo chiare, non dice di essere atea ma agnostica. Nonostante questa dichiarazione, sua madre, suo padre e suo fratello non vogliono comprendere le ragioni alla base della sua scelta. Solo con l’uscita del libro, amatissimo dai suoi, la scrittrice riprende a dialogare con i suoi genitori sull’argomento.

Il magico potere della scrittura si impossessa di R.O. Kwon sin da piccola, le mette in ordine i pensieri, la aiuta ad analizzare dettagliatamente un problema. Nonostante ciò, si laurea in Economia alla Yale University perché pensava che le avrebbe dato una carriera stabile. Lavora per sette mesi per una società di consulenza gestionale e capisce di non volere questo dalla vita. Lascia tutto, riparte, si iscrive a scuole e laboratori di scrittura creativa e prende un master in Belle Arti al Brooklyn College.

Si sostiene con piccoli lavoretti da freelance, lavora per un’agenzia letteraria ma non dimentica mai di scrivere il suo primo romanzo che dovrà parlare soprattutto di fanatismo religioso. Ci metterà dieci anni a terminarlo ma il risultato è Gli incendiari, un libro che è stato osannato da oltre quaranta testate.
Si tratta di un romanzo insidioso, che si potrebbe mal giudicare dalla trama ma che, in realtà, contiene una prosa esplosiva, selvaggia, che trascina il lettore, capitolo dopo capitolo, in un vortice impietoso da cui è difficile venirne fuori.

La Kwon parla di tante cose, dal fanatismo religioso al terrorismo, dagli amori infranti all’abuso emotivo, e lo fa senza rete di protezione grazie ad un talento innato e a una buona dose di coraggio.
Phoebe Lin conosce alla Edwards University Will Kendall durante i primi mesi di corsi. Lei è una donna socievole, mondana, apparentemente solare ma non condivide con nessuno un dolore profondo che la devasta: si sente in colpa per la recente morte di sua madre.
Anche Will, però, nasconde qualcosa: si è trasferito da un college che, in realtà, è un istituto teologico perché ha avuto una crisi religiosa e lavora come cameriere in un ristorante italiano per mantenersi.
Sembrano il sole e la luna eppure si innamorano e sembrano felici fino all’arrivo di John Leal, un ex studente dal passato nebuloso che ha fondato un culto segreto.
Gli incendiari non è un romanzo mattone ma è agile ed è scritto con una prosa essenziale ma raffinata. Non c’è una parola fuori posto, i capitoli sono brevissimi, la narrazione è fluida e veloce. Avvince, inquieta, sorprende, come un romanzo della sua (nostra) amatissima Clarice Lispector. Ma, soprattutto, c’è un suono, un beat di fondo, grazie anche alla limpida traduzione di Giulia Boringhieri, che attanaglia e lascia col fiato sospeso.

 

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