Creditori, l’adattamento riuscito di Orlando Cinque del testo di Strindberg

Torna al Piccolo Bellini di Napoli, fino al 27 gennaio, Creditori di August Strindberg nel nuovo allestimento di Orlando Cinque, che lo adatta con Fiorenzo Madonna, lo dirige e lo interpreta con Arturo Muselli e Maria Pilar Pérez Aspa. Scritto nel 1888, fu definito dal suo autore una “tragicommedia” ma, oggi, può essere, senza ombra di dubbio, considerato un pezzo teatrale perfetto che racconta e sonda gli aspetti più reconditi delle relazioni amorose tra uomo e donna.

Ambientato nel salotto di un albergo estivo sulla riva del mare, che lo scenografo Luigi Ferrigno trasforma in una gabbia, Gustav, storico e romanziere, si insinua nella vita di Adolf, scultore sensibile, più giovane di lui, per aiutarlo a superare i problemi matrimoniali con la moglie Tekla, più grande di Adolf, di cui Gustav sembra sapere tante cose.

Tutto e il contrario di tutto è stato detto a teatro, come in letteratura, sul matrimonio e i rapporti tra uomo e donna ma la ripresa di Creditori da parte di Cinque, oggi, in questi anni di capitalismo predatorio che è riuscito ad infettare anche il linguaggio del teatro, è una boccata di aria fresca.

Innanzitutto per l’idea di regia, raffinata, elegante e tangibile, priva di quegli escamotage espressivi che buttano tanto fumo negli occhi del pubblico (e della critica). In secondo luogo perché è ben recitato: Orlando Cinque è chiaramente rodato ed è superbo nel suo ruolo mefistofelico, Arturo Muselli, nonostante qualche incertezza, è credibile e Maria Pilar Pérez Aspa è quella Elena, «creatura eterna, eguale agli dei», di cui Faust è perdutamente innamorato, la bellezza salvata dagli oltraggi del divenire.

Infine Creditori è notevole per l’adattamento metateatrale del testo in cui lo stesso regista impone un gioco con gli attori e con il pubblico che, da alcuni elementi, sa di assistere ad una prova generale. Viene in mente Dopo la prova di Ingmar Bergman in cui un regista anziano sta lavorando alla messa in scena de Il Sogno di Strindberg, che ha già messo in scena quattro volte. Così come in Bergman il teatro è il mezzo per analizzare i rapporti amorosi, qui la recita nella recita è un meccanismo per esaminarli ma anche per svelarli.

Inoltre, aggiungo, l’adattamento, a mio avviso, amplifica la relazione tra debitore e creditore in funzione politica facendo leva sul potere economico che assoggetta gli individui e, quindi, li fa ammalare. Gustav, per indebolire Adolf, usa l’arma della paura, il totem del capitalismo, che produce, di riflesso, obbedienza. Cosa accadrebbe se il sistema economico, così come lo conosciamo, finisse e la moneta non valesse più niente? Cosa accade, all’interno di una coppia considerata solida, se uno dei due, improvvisamente, va via? La paura è il sentimento che il neoliberismo tiene attivo, anche in amore che, ormai, è merce da consumare come tante altre cose. Per contro se il denaro non avesse valore, quindi se l’amore fosse nulla, non esisterebbero creditori e debitori, nemmeno in amore.

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