Costantino Raimondi: mancano produttori e distributori coraggiosi

Costantino Raimondi

Costantino Raimondi è stato cofondatore del Collettivo Teatro Bardefé, un laboratorio teatrale diretto da Umberto Serra. Si è diplomato all’ Ecole Internationale de Mimodrame Marcel Marceau a Parigi con il maestro Marcel Marceau.

Esordisce alla regia con Les Couleurs du Voyage vincitore del Premio per il miglior spettacolo nel 1996 al Festival Internazionale di Pantomima e Monodramma di Zemun (Serbia). Le Carnaval de Giovanni nel 1997, è il secondo importante lavoro di Raimondi regista, seguito da Aquarium Ardent, del 2006.
Le ultime sue produzioni sono Prove(rewind) vincitore del Premio Girulà per la migliore drammaturgia nel 2008 a Napoli (Italia) e Monologue avec valise vincitore del Premio Physical Theater per il miglior spettacolo a Skopie nel 2009 (Macedonia) e Premio per il miglior spettacolo Internazionale a Cordoba 2015 (Argentina), presentato in Italia al Fringe Festival di Napoli nel 2010.

Se volessimo cominciare un’analisi della situazione di crisi culturale del teatro italiano, da quali segnali dovremmo partire?
Il sistema dirigenziale teatrale italiano è rotto. Lavoratori dello spettacolo allo sbando, metodi di produzioni discutibili, distribuzioni in-esistenti e a capo del sistema ci sono gli “uomini”.
Secondo te/voi, la crisi del teatro potrebbe essere la diretta conseguenza di una crisi generazionale, d’identità e di opportunità?
E’ una depressione economica mondiale. A volte gli “uomini” in passato come oggi dirigono ministeri, teatri e compagnie per riempire i borderò, senza creare pari opportunità.
Quali sono i tempi e modi del suo sviluppo?
I tempi non lo so. I modi? Affermare diritti e doveri di noi lavoratori dello spettacolo al governo italiano, manifestarli e rivendicarli uniti, ne va della nostra dignità e della nostra vita.

Si può affermare che la crisi del teatro possa dipendere anche da una mancanza di idee teatrali forti?
Le idee forti esistono. Mancano produttori e distributori coraggiosi che spesso pensano alla proprie “poltrone” per fini economici e narcisistici.

Qual è la funzione sociale del teatro oggi?
Gli attimi e le azioni teatrali sono momenti sacri, tra l’artista e il pubblico, tempi necessari per continuare a vivere sospesi.
Quali necessità soddisfa?
Soddisfa l’incontro tra l’artista e il pubblico e nascono sogni, realtà, dubbi. E’importante creare e agitare, è importante che in un processo artistico, le domande che poniamo a noi stessi e alle persone non abbiano risposte, per continuare ad immaginare.

Si può credere a un rinnovamento del teatro o siamo in attesa di un modello culturale che possa scuotere le coscienze?
Dipende da che cosa si intende per rinnovamento. Bisogna ritornare alle origini del teatro. Il semplice è difficile, ma realizzabile.

Lo Stato sostiene il teatro in Italia? Se sì, ne beneficiano tutti?
Si. Lo stato italiano sostiene il teatro, ma con insufficienza. Tutti? Non credo.

Le due misure più estreme ed urgenti da mettere in atto, secondo te/voi.
Più controlli, più investimenti statali e privati.

Ha ancora senso mettere in scena i classici?
Assolutamente si, sono dei modelli da seguire e poi per essere contemporanei bisogna rivedere i propri classici.
O andrebbero “tolti di scena”?
No
Quanto influisce la scelta politica di un direttore artistico?
Influisce, ma non è facile dirigere un teatro e non avere pressioni istituzionali. Dipende dal direttore artistico e dagli stimoli che ha per essere imparziale.

Si può parlare di “dittatura teatrale” nel mondo delle arti in scena? Se sì, perché?
Più di “dittatura teatrale” parlerei di “rottura teatrale”.

È possibile un “teatro della crisi” in cui artisti, spettatori e critica trovino un punto in comune?
Per trovare un punto in comune gli artisti devono fare gli artisti, gli spettatori devono fare gli spettatori e i critici devono fare i critici.

Quant’è importante lo spettatore a teatro?
Senza lo spettatore, il teatro non vive.
Quanto è necessario investire nella formazione di un pubblico consapevole?
E’ indispensabile investire, in luoghi che rappresentino i “parchi della memoria” del teatro, dalle origini fino ai nostri giorni. Rendere il prezzo del biglietto accessibile ad un platea più vasta. Insegnare teatro nelle scuole, organizzare spettacoli e incontri in strada, per ritrovare il contatto con il vero pubblico.

Extra: Prima di salutarvi, ringraziandovi per la collaborazione, vi chiediamo un’ultima riflessione: qual è la tua/vostra missione teatrale?
La mia missione teatrale è di perseverare nel lavoro, cercando di non perdere la curiosità verso la società e di essere all’ascolto dell’ALTRO.
Come immaginate la situazione culturale e teatrale italiana nei prossimi cinque anni?
“Dopo aver fatto sempre la stessa cosa nello stesso modo per due anni, inizia a guardarla con attenzione. Dopo cinque anni, guardala con sospetto. E dopo dieci anni, gettala via e ricomincia di nuovo tutto.”
Alfred Edward Perlman

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