Caryl Churchill e il corpo delle donne svilito e suicidato

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È uscita per Editoria & Spettacolo, nella collana “Percorsi”, Teatro Vol.III, una raccolta di quattro testi teatrali di Caryl Churchill, una drammaturga inglese sconosciuta, in Italia, al grande pubblico.

I testi scelti per questo terzo volume del percorso che Editoria & Spettacolo dedica alla Churchill sono “Settimo Cielo”, del 1979, testo sperimentale disarmante e irriverente, “Top Girls”, del 1982, sul liberalismo disumanizzante della Thatcher, “Bei soldi”, del 1987, che ironizza ferocemente sulla Borsa di Londra e sulla finanza internazionale e “Skriker, lo spirito della vendetta”, del 1994, un gioco di inventiva in stile joyciano.

Una silloge che fa da collante agli altri due volumi e che si concentra sul primo periodo di Caryl Churchill, quando l’autrice cominciò a reinventare la scrittura teatrale sfruttando la forte tensione politica degli anni ‘80. Le trame sono molto complesse, con le identità dei personaggi confuse e situazioni anti veriste. Churchill si lancia in un territorio che va oltre il naturalismo di Osborne guardando il mondo da un altro punto di vista, dove la violenza dei rapporti privati e la normalità delle situazioni sociali convivono in uno stesso humus.

L’Africa coloniale di “Settimo cielo”, ad esempio, diventa, nel secondo atto”, la Londra “swinging” della rivoluzione sessuale mantenendo gli stessi protagonisti con solo qualche anno in più. A mutare, però, sono i rapporti, che rispondono alle epoche, e le sensibilità dei singoli protagonisti che possono anche assumere posizioni nettamente contrastanti tra un atto e l’altro.

“Top Girls”, invece, si svolge ai giorni nostri e l’azione si limita a due posti dell’Inghilterra: Londra e Suffolk. Una scelta realistica per una drammaturga che si colloca all’opposto del realismo eppure, durante la cena, dove Marlene, uno dei personaggi, viene paragonata a una serie di donne che sono riuscite ad avere successo in un mondo fallocentrico, si capisce che gli ospiti sono tutti morti o appartengono al mondo dell’immaginario.

Due esempi di uno stile, però, non incentrato solo sulle convenzioni della forma ma anche sull’impegno di rappresentare generazioni di donne diverse tra loro, soprattutto a livello sociale, con i loro diritti e le idiosincrasie.

Leggere Caryl Churchill, oggi, ci aiuta a decifrare meglio i nostri giorni in cui continuiamo, imperterriti, a svilire il corpo delle donne, con i nostri pregiudizi assassini fino a reprimere e suicidare identità fragili. La testimonianza impegnata di Churchill, piena di domande taglienti, appare, letta anche alla luce degli ultimi tragici eventi, imprevedibile e agghiacciante perché, nel suo essere anarchica-surrealista, denuncia l’orrido e l’incomprensibile dove anche la violenza simbolica, come scrive Bourdieu, è una forma di violenza universale.

Ci si sente, quindi, stupidi e mediocri dinanzi a questa autrice e dinanzi a un linguaggio che vaga ininterrottamente nel delirio, senza fermarsi, creando scene, situazioni, personaggi saltando ogni tipo di confine. Ci si sente impotenti soprattutto perché si ride dell’estremizzazione del tragico.

 

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