Bordello di mare con città: Cerciello ritorna su Moscato

Elledieffe - La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo / Teatro Elicantropo BORDELLO DI MARE CON CITTA’ di Enzo Moscato, regia Carlo Cerciello con (in o.a.) Fulvia CarotenutoAssunta Cristina Donadio Madamina Ivana Maione Cleò Enzo Moscato il giornalista Sefora Russo Betti Lello Serao il Cardinale Imma Villa Titina scene Roberto Crea costumi Alessandro Ciammarughi, suono Hubert Westkemper musiche originali Paolo Coletta luci Cesare Accetta

Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo / Teatro Elicantropo
BORDELLO DI MARE CON CITTA’
di Enzo Moscato, regia Carlo Cerciello
con (in o.a.)
Fulvia Carotenuto Assunta
Cristina Donadio Madamina
Ivana Maione Cleò
Enzo Moscato il giornalista
Sefora Russo Betti
Lello Serao il Cardinale
Imma Villa Titina
scene Roberto Crea
costumi Alessandro Ciammarughi,
suono Hubert Westkemper
musiche originali Paolo Coletta
luci Cesare Accetta

<<Non so:
comunque destino tuo e destino mio
in questo bordello di mare
nemico ai suoi giovani eroi.>>

Bordello di mare con città divide nettamente le due fasi drammaturgiche di Enzo Moscato: nel primo atto, c’è il Moscato narrativo, che racconta la sua Napoli, pregna di credenze popolari e di solitudini mentre, invece, nella seconda parte lo spettatore vive un vero e proprio “teatro sonoro”, come disse Toni Servillo anni fa, dove il testo si fa improvvisamente lirico esplodendo in tantissimi frammenti inafferrabili. In quel secondo atto, si realizza il nuovo Moscato, alle prese con una ricerca drammaturgica fondata sulla tragedia del linguaggio e sul suono della parola. Sono, però, anche due Napoli diverse a fronteggiarsi, una più genuina e l’altra dolorante, funestata dal potente di turno, violentata e condannata a morire.
Trent’anni fa Moscato cominciò la stesura di questo testo, una settimana dopo la scomparsa di Annibale Ruccello, il cui dagherrotipo campeggia sulle pareti del bordello. Una terribile notizia, che Moscato ebbe, la sera del 12 settembre 1986, per telefono. Bordello di mare con città somatizza, sin nelle viscere, questo lutto rappresentando, in più, una città che non l’ha mai amato in vita. Nel momento in cui Cerciello, però, decide di metterlo in scena, preferisce inserirlo nel suo personale percorso drammaturgico sull’opera di Moscato, creando un continuum con Scannasurice. Lo fa attraverso il riutilizzo della scenografia del suo penultimo lavoro, nel prologo, alle spalle di Betti, la vergine che assumerà su di sé il destino della nuova-vecchia Napoli, ma anche attraverso la prosecuzione del suo discorso teatrale-politico a cui, da sempre, ci ha abituati. La Puttana, per Moscato, infatti, è la Patria abitata, in questo caso, dalla lingua del teatro, svenduta al Cardinale, al Potere costituito, e metafora evidente, leggendo tra le pieghe del testo, della condizione dell’attore ai giorni nostri. La divisione stilistica, tra primo e secondo atto, non evidenzia solamente un passaggio netto tra due percorsi drammaturgici ma è, altresì, segno della morte di un teatro di narrazione, fortemente connotato, a favore di un teatro più lirico ed esteso.
Ruccello, nella versione di Cerciello, è un ritornante, la maitresse dell’ex bordello che ha lasciato un vuoto incolmabile che, necessariamente, si tenta di ricoprire attraverso la mitizzazione della sua figura in una Napoli corrotta, che ha perduto il suo baricentro. E nella spasmodica replica dello spettacolo della Napoli morente, Cerciello sfoggia una serie di conferme attoriali, da Fulvia Carotenuto ad Imma Villa, che impreziosiscono un testo visionario, che si appella alla tradizione per poi distruggerla. Non convincono del tutto alcune scelte registiche – la scelta delle musiche, il finale latelliano del primo atto – che appiattiscono la bellezza del testo fino a sovrastarlo, ingiustamente. Resta, però, l’evento e la caparbietà di Cerciello di mettere in scena un testo, ormai, irrappresentabile (tenuto conto del cammino teatrale di Moscato) sospendendolo in una dimensione narrativa che, però, non appartiene al suo autore.

 

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