Anything Else: recensione del film di Woody Allen

Amaro il paesaggio dell’anima di questo Allen sempre più tristemente corpo macilento, macerato, distrutto dal pensiero della morte, dal disfacimento della carne; un corpo sempre più in fuga dalla società civile che infine abbraccia il fucile contro tutte le ingiustizie. Firma così un anti Bowling A Columbine. Anti Moore in assoluto perché il mondo è da sempre, “storicamente” in guerra con se stesso. Uno dei pensieri più tragici è sull’estinzione della specie umana dopo l’olocausto ebreo: nessuno avrebbe niente da ridire se un Dio punisse la specie umana con l’estinzione dopo un atto così feroce e crudele. Ma Allen è capace di rispondere a Moore con un semplice sguardo, mettendo in scena non le teorie psicanalitiche e i suoi ridicolizzati fallimenti o la sua perenne afasia di fronte al semplice dolore, ma la vita concreta: due energumeni che rubano il posteggio o la ragazza che ti lascia sono eventi molto più vicini di quanto possa sembrare. Non bisogna mai fidarsi di quello che ti dice la gente: cosa dicevano i tedeschi agli ebrei? Che andavano a fare una doccia per pulirsi e invece era il gas per sterminarli.

Allen fonda quest’opera su due fondamentali concetti: il primo è abbastanza consueto nella sua filmografia, vale a dire il sesso e i conseguenti rapporti umani. Il secondo è il senso di giustizia che diventa sempre più acre e ristretto. Sembra proprio che i sentimenti d’angoscia, di paura, attanaglino i personaggi per stritolarli. Lo slancio vitale è paradossalmente felice e doloroso al contempo. Felice nel momento della scoperta, come la gioia dell’innamoramento, o l’amicizia; tormentosa è invece la scoperta di un’altra dimensione del dolore, persistente ed ineliminabile. Allen comunica questa estremo pessimismo dell’attesa inesistente e quindi del futuro spezzato. Gli orizzonti narrativi, oltre che bloccati da innumerevoli gag e battute tipo, sono caratterizzati da una ripetizione sempre più sfiancante. Il cinema di Allen gira sempre più vorticosamente tra ego ed alter ego (uno o più). Mentre la donna, la femminilità in generale rimane un mistero. La forza bruta, la violenza (anche degli alunni, sulla quale si può solo ironizzare) sono definitivamente prevalenti. Il kit di sopravvivenza allora non è più neanche un luogo metaforico. Come i fucili anche le bombe a mano, i fiammiferi che non si spengono, le torce, i filtri per purificare l’acqua entrano con sempre più forza nell’orizzonte postapocalittico di una New York ormai filmabile solo dal basso di tutti gli skyline. Forse con l’11 settembre 2001 molti immaginari del cinema americano sembrano sopraffatti dalla paura di guardare (oltre). Allen non ci riesce, non c’è neanche una panoramica in Anything Else. Ed anche il titolo comunica questa vacuità: “nient’altro” (da filmare).

Articolo di Andrea Caramanna (reVision)

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