Allora sono cretina

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Dal 3 fino al 7 febbraio sarà in scena presso la Galleria Toledo lo spettacolo Allora Sono Cretina di Barbara Napolitano con la regia di Peppe Miale. Lo spettacolo racconta la storia di Bianca (Lorena Leone) una giovane donna che incarna lo stereotipo di borghese vincente, gestisce una galleria d’arte e pare evocare in qualcosa l’immagine di una Frida moderna, bella, affascinate, intelligente, con uno spiccato animo d’artista.

Bianca ha due figli piccoli e vive una profonda crisi matrimoniale, che pare superare grazie alla relazione con uno scrittore di cui si è innamorata. Lo spettacolo si apre con le sue considerazioni su questo amore che la rapisce dalla sua quotidianità infelice, che le regala un nuovo e sincero entusiasmo e che appare restituirle la sua identità.  La donna sembra protesa verso la scelta di una separazione dal marito, quando sullo sfondo della vicenda si interpone la scomparsa del cognato Franco (Sergio de Paola). Quest’ultimo bizzarro personaggio viene presentato come un ex chirurgo che, giunto alla consapevolezza che non ci si può sottrarre al nostro sistema sociale corrotto, decide di vivere ai margini della società. Si rintana nella casa della madre e si dedica ad aggiustare oggetti elettronici rotti.

La fuga di Franco fornisce non solo a Bianca la possibilità di procrastinare l’abbandono coniugale e di riflettere sulla propria esistenza, ma rappresenta anche un collante per tutti i personaggi che ruotano intorno alla vicenda, che si svelano, vicini gli uni agli altri, nelle contraddizioni stereotipate della loro misera esistenza. Fulcro della vicenda è l’antitetica scelta di vita che conducono Bianca e Franco. La prima incarna uno stereotipo di donna di successo, con un profilo d’identità cucitole addosso dalle convenzioni sociali e da scelte che apparentemente non la rispecchiano. Si tratta, infatti, di una donna in carriera, molto bella e curata, una mamma borghese con un maniacale senso di protezione per i suoi figli, con un marito che non le dà ragioni per lasciarlo, ma che nonostante tutto lascerebbe volentieri. La volontà del suo io è occultata dalle convenzioni sociali ed è proprio bypassando queste, con un illecito morale, che vi si riconcilia finalmente. Bianca ritrova i suoi stessi occhi e i suoi stessi sguardi in Alfonso, uno scrittore conosciuto durante una sua esposizione con cui intrattiene una relazione da due anni, ma, pur conscia che non si tratta che di un ulteriore errore, persevera in questo rapporto senza mai prendere una decisione definitiva.

Franco, al contrario, emerge dallo sfondo come un libero pensatore un po’ fiabesco che fa del rifiuto l’epicentro della sua vita.  Il disagio che prova nel vivere con le regole della nostra società non lo spinge verso un compromesso di felicità, lo induce piuttosto  a ricercarla appieno attraverso una vita apparentemente marginale ma fatta della soddisfazione propria di una scelta. La stessa ‘fuga’ di Franco, l’allontanamento dai  sui cari, che apparentemente amava, trova la coerenza di una decisione individuale di affermare il proprio io su tutto il resto.  Franco, che da chirurgo ‘’faceva fatica a riconoscersi allo specchio ‘’ in un sistema in cui ‘’si preferisce acquistare di nuovo anziché  riparare il vecchio’’ o ‘’farsi venire un’ulcera piuttosto che rinunciare al caffè’’, trova nella sua nuova vita di accumulatore e riparatore di oggetti gettati via il suo allevio personale al tedio esistenziale e, così, il suo posto nel mondo.

Ed è sulla stessa scia di ricerca che Bianca sarà mossa alla decisione, infine, di rinnegare l’ipocrisia degli affetti non sentiti, come una moderna Anna Karenina seguendo una felicità solo individuale. E, anche se  non ci sarà per Bianca un epilogo felice la donna farà una scelta tutt’altro che cretina di reclamare con coraggio e senza remore il suo vero io, senza la paura di perdersi, rinunciando all’idea che si era costruita di se stessa, per protendere verso il rimpossessarsi della  propria identità.

Lo spettacolo si presenta fruibile e leggero, la recitazione è scorrevole e i singoli monologhi sfumano dietro il senso di un discorso più ampio che vede al centro l’uomo e il principio di identità del soggetto. Siamo ciò che facciamo? E se non è così, perché finiamo per esserlo? Quanto il contesto sociale ci indirizza verso il nostro futuro? Siamo liberi nelle nostre azioni? L’amore e i sentimenti in generale, devono essere caratterizzati davvero dalla coerenza dualistica che ci hanno dipinto nei film? Far prevalere il senso di individualità, alla ricerca del nostro io, di una nostra identità, anche a scapito della felicità delle persone che ci sono attorno, può valerne la pena?
Le Pecore Nere
ALLORA SONO CRETINA
di Barbara Napolitano
regia Peppe Miale
con Lorena Leone, Sergio di Paola
e Antonella Morea, Bruno Tramice, Irene Grasso, Rosario Campese
costumi Alessandra Gaudioso
progettazione creativa Fabio Testa
scene Armando Alovisi
musiche Floriano Bocchino

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